Per dare un contributo (spassionato e super partes) alla chiarezza vi proponiamo un vademecum in due puntate sui Referendum del prossimo 12 e 13 Giugno. Iniziamo con la prima puntata snocciolando i due quesiti sul tema dell’acqua (scheda rossa e gialla). Ricordiamo come premessa che per essere valido e produrre quindi effetti il Referendum deve raggiungere il quorum del 50% più uno di votanti rispetto agli aventi diritto. Due quesiti sono stati proposti dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua Pubblica (i due che esaminiamo oggi), due sono stati proposti dall’Italia dei Valori.
Si vota dalle 8 alle 22 di domenica e dalle 7 alle 15 di lunedì. Si tratta di referendum abrogativi, quindi si vota Sì se si vuole cancellare le norme oggetto dei quesiti, e No se si vuole mantenere le norme invariate.
– Primo referendum – scheda ROSSA – Acqua (Proprietà delle società di gestione dei servizi idrici)
Il primo quesito referendario propone l’abrogazione dell’articolo 23bis del “decreto Ronchi”. Il tema non riguarda la proprietà dell’acqua, che rimane comunque un bene pubblico, come peraltro pubblici restano gli acquedotti (come stabilito dall’articolo 144 del D. Lgs 152/06 e dal decreto Ronchi) ma la privatizzazione della gestione dell’acqua, cioè della gestione dei cosiddetti “servizi idrici”.
Tali servizi sono affidati ai Comuni, associati in Ambiti Territoriali Ottimali (ATO).
Secondo quanto previsto dalla legge gli ATO saranno aboliti e sostituiti con dei nuovi soggetti, decisi a livello Regionale. Il decreto Ronchi stabilisce che gli ATO dovranno affidare i servizi idrici in concessione, attraverso gare aperte sia ad aziende pubbliche che ad aziende private, oppure costituire un Partenariato Pubblico-Privato: un’azienda pubblica che selezioni con gara un’azienda privata cui cedere almeno il 40 per cento della società.
Se vince il Sì, gli ATO non sarebbero più obbligati a indire le gare entro il 31 dicembre 2011, come stabilito dal decreto Ronchi, né a cedere ai privati parti delle quote azionarie entro il 2013.
Gli ATO potrebbero comunque cedere ai privati parte delle azioni delle società di gestione delle risorse idriche, ma non avrebbero più l’obbligo di farlo nei termini stabiliti dal Decreto Ronchi.
Se vince il No, gli ATO che non hanno ancora proceduto ad affidamento o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a capitale totalmente pubblico dovranno trasformarsi in società miste con capitale privato almeno al 40% entro il 31 dicembre 2011. Le società miste presenti in Borsa dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40 per cento entro giugno 2013 e al 30 per cento entro la fine del 2015.
– Secondo referendum – scheda GIALLA – Acqua (Remunerazione del capitale investito per le società che gestiscono i servizi idrici)
Il secondo quesito referendario propone l’abrogazione del comma 1 dell’art. 154 del Decreto Legislativo 3/4/2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, nella parte che parla “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”. Si tratta di una norma che stabilisce che la tariffa per l’erogazione dell’acqua venga calcolata prevedendo una remunerazione per il capitale investito dal gestore, fino a un massimo del 7 per cento, quota di cui fanno parte sia i profitti che gli oneri finanziari derivanti dai prestiti, e la cui riscossione non è collegata a nessun obbligo di reinvestire il denaro nel miglioramento dei servizi erogati.
La tariffa del servizio idrico, per legge, non comprende il valore dell’acqua, ma solo i costi del servizio. Le tariffe sono decise dagli ATO, cioè le autorità dove sono presenti i Comuni: la legge fissa un tetto massimo, ma non un tetto minimo. I costi di gestione del servizio, in Italia, si possono pagare non attraverso le tasse, ma solo con le tariffe.
Se vince il Sì, per le società che gestiscono le risorse idriche sarebbe impossibile avere un guadagno dalle tariffe.
Se vince il No, la legge permetterebbe ai gestori di ottenere una remunerazione sulle tariffe fino al 7 per cento.