Scompare Steve Jobs e la prima cosa a cui penso, da Beatlesiano patologico, è il famoso logo della “Apple”, la mela che contraddistingue da anni i-pod, i-pad, i-phone e tutti gli altri prodotti partoriti dal geniale cervello di Jobs e dei suoi collaboratori. La Mela come logo, però, l’avevano già usata anni prima i Beatles quando erano all’apice della loro (breve) epopea per la loro casa discografica, chiamata appunto Apple. Sull’etichetta del lato A dei vinili beatlesiani c’era la mela intera, ce n’era metà sull’etichetta del lato B.
La storia della Apple beatlesiana (Apple corps) fu un disastro economico che sicuramente contribuì alla fine prematura della band (1970), ufficialmente sciolta dopo appena un anno e mezzo dalla nascita della casa discografica che nel frattempo aveva prodotto oltre ai capolavori dei quattro baronetti anche artisti interessanti e altri un po’ trash come Mary Hopkins (memorabile l’hit “Those were the days“).
Nel 1976 nacque poi la Apple Computers che aprì la storia al più grande fenomeno informatico di tutti i tempi utilizzando appunto la mela, certo graficamente diversa da quella della Apple Corps, come logo.
Dopo appena due anni partì una causa legale fra Apple Corps e Apple Computers proseguita fino al 2006.
Alla fine prese ragione Steve Jobs. Non c’era stato nessun “furto”.
Però senza entrare in dettagli tecnici, visto che non me intendo (ci penserà semmai il nostro geniale Bisbetico Donato) almeno fatemi evidenziare due cose e tirare una moraletta finale.
La due cose da evidenziare:
– che oltre ad avere in comune la mela i Beatles e Steve Jobs hanno in comune anche altro. Entrambi ci hanno cambiato la vita.
– che, nonostante il mio amico Dado non sia d’accordo, i Beatles hanno veramente inventato tutto. Probabilmente anche l’amatriciana.
La morale, invece, è che non sempre qualcosa che è stato provato ed è andato male non può essere recuperato e riadattato sperando che al secondo tentativo le cose vadano meglio.
Con la mela andò male ai Beatles, ma poi andò bene a Steve Jobs.
Ovviamente spero che tale morale non venga presa alla lettera dai nostri politici, visto che di gente pluri-sconfitta riciclata sperando che alla seconda (o terza, o quarta, o ventiseisima) possa andare meglio ce n’è già troppa