Premetto che di arte non capisco nulla. Non l’ho studiata, sono un profano, in particolar modo per l’arte contemporanea. Posso dire però che proprio quella contemporanea m’affascina perchè non la capisco, e allora ci resto sotto quasi come quando incocci in una donna dannatamente bella, incomprensibile e imprevedibile, e vai in tilt di fronte a quel divino rompicapo. Ebbene: in questi giorni si fa un gran parlare di “Icastica”, l’evento principe ad Arezzo quest’anno in campo culturale, cioè una mostra di arte contemporanea che è stata inserita nel contesto della città in modo senza dubbio provocatorio.
In tanti si sono inalberati, specie per gli strani “stracci” appesi sotto le logge del Vasari che resteranno lì anche nel giorno del Saracino, altri hanno semplicemente riso, in tanti hanno fatto foto.
Confesso che io adoro le provocazioni, anche quando non le capisco. Le adoro proprio in quanto si tratta di provocazioni e a me la gente che provoca, che va all’attacco, che ha coraggio, che prova a fare qualcosa di straordinario, piace a prescindere. Senza queste persone il mondo starebbe fermo, e l’artista deve necessariamente possedere anche queste doti, altrimenti non è un artista, ma una persona normale. Un banale
Confesso quindi che l’idea di Icastica mi è piaciuta. Ma allo stesso tempo confesso anche che aldilà del divertimento e del piacere visivo non c’ho capito niente.
Il limite di mostre di questo tipo è proprio questo: fanno parlare di sè, divertono, impressionano, ma se la finalità è quella di avvicinare l’arte ai non esperti, creando dei ponti di connessione per unire questi due mondi così distanti, la missione finisce spesso in un fallimento
Pur avendo ben presente questo non sono però fra coloro che sostengono che certe esperienze “estreme” debbano finire. Perchè sono convinto che su mille che ridono, fotografano, commentano, poi almeno uno che va su Google, cerca il nome dell’artista e cerca di “capire”, c’è.
Quindi rifacciamole queste mostre, però con un minimo di attenzione in più, come detto, alla “spiegazione”.
E magari cerchiamo di non fare solo queste