di Valter Lupetti
“Dopo il Covid 19 nulla sarà come prima” è una frase già logora e molto probabilmente in gran partefalsa. Che tutto resti come prima, peraltro, è secondo me senz’altro più grave. Specialmente a Cortona.
Non voglio entrare nel merito dell’opportunità di aprire tutte le attività produttive dal 18 Maggio o dal 1° o 15 Giugno, non ho le competenze per giudicare e la decisione spetta al Governo nazionale, ma sono molto preoccupato per quanto leggo in questi giorni.
Le soluzioni pensate finora per rilanciare un settore cruciale per la nostra economia come quello del turismo mi paiono infatti “toppe” che rischiano di essere peggiori del buco, mentre invece si dovrebbe ripensare tutto il modello, rifondandolo su nuove basi.
Ad esempio concedere gratuitamente a bar e ristoranti altro spazio e suolo pubblico da utilizzare con i tavoli, affinché possano rientrare nei parametri della distanza (180 cm) tra gli avventori, è un’idea che rischia in città turistiche come la nostra di riaccendere il problema della convivenza fra abitanti ed esercizi commerciali.
Pur nelle comprensibili necessità di chi ha un’attività e dovrà risollevarsi dalla brutta botta di questi mesi, la “ripartenza” rischia quindi di fondarsi su modalità ancora peggiori rispetto al passato, con il residente che sempre più si sentirà ospite in casa propria.
Poco efficace mi sembra anche l’idea di coinvolgere un team di esperti o puntare su una maggiore pubblicizzazione, su media locali e nazionali, delle bellezze della nostra cittadina e delle varie iniziative che si organizzano.
Riproporre, per la fretta di ripartire, gli stessi schemi del passato, già produttori di contrasti e problemi sarebbe insomma quanto di peggio si possa immaginare.
Il turismo a Cortona tornerà sicuramente, ma quale turismo dovrebbe arrivare?
Troppe volte, su questo quotidiano, lo abbiamo affermato e voglio ripeterlo ancora una volta: Cortona ha bisogno di un turismo sostenibile e di qualità. Compatibile con l’ambiente e la città e che soprattutto che garantisca lavoro, il quale dovrà riconquistare la sua centralità, evitando lo sfruttamento, che già conosciamo e combattiamo, la precarietà, l’illegalità diffusa e il cottimo.
Io pensavo e, per la verità, lo penso ancora, che la tragedia del Corona virus ci spingesse a riflettere sul tipo di sviluppo economico che si è scelto per il nostro territorio. Cambiare è necessario per uscire dall’overturismo, una “bolla” troppo debole e inaffidabile perchè dipendente da fattori difficili da prevedere.
Le 43 attività di somministrazione di alimenti e bevande nel centro storico di Cortona, i 150 agriturismi presenti nel territorio comunale e le oltre 1000 offerte di case vacanza, monolocali e camere presenti sul portale Airb&b a disposizione per affitti brevi, credo che abbiano contribuito a stravolgere in primis la struttura urbana del centro storico. Tutto ciò ha creato bisogni insostenibili, quali ad esempio l’utilizzo del viale del Parterre a parcheggio auto, incrementando i contrasti. Fra i tanti, ricordiamolo, c’è anche quello fra gli allevamenti zootecnici e le strutture turistiche.
Che tipo di lavoro ha dato il turismo nel modello cortonese? Un’occupazione spesso solo stagionale ed in alcuni casi anche sottopagata. Uno sviluppo così fragile che è bastato un semplice fattore esterno, certo imprevedibile e catastrofico, per far saltare il banco.
Non pensate che sia il momento di ripensare tutto?
Le avvisaglie che ci arrivano da Firenze, Venezia, Siena sulla crisi del mercato degli affitti brevi potrebbero aprire nuove possibilità. I numerosi alloggi disponibili online pre – epidemia oggi sono vuoti. Quell’ampio ventaglio di case potrebbe essere fin da ora disponibile per famiglie che scelgano di risiedere nel centro storico tutto l’anno.
Di conseguenza si creerebbero nuovi bisogni, e certo le 43 attività della somministrazione potrebbero diventare negozi di vicinato, per i residenti.
La “ripartenza” va quindi fatta su nuove direttrici, facendo entrare in campo le menti migliori delle amministrazioni locali. Facilitare una regolamentazione dei cambi di destinazione d’uso favorendo le residenze con affitti di lunga durata, aprirsi alle iniziative di attività innovative che diano occupazione stabile, mettendo a loro disposizione spazi e locali è secondo me doveroso.
Il Comune si faccia garante verso i proprietari di case che affittano a famiglie che ci abitano tutto l’anno, sostenga quelle attività che si riconvertono per fornire beni ad uso dei residenti. Si stipulino convenzioni con gli istituti di credito per agevolare i mutui e l’ente pensi anche alla possibilità di acquistare direttamente locali e spazi da mettere a disposizione di chi voglia aprire nuove attività “di intelletto” capaci di dare lavoro stabile e un futuro più solido.
Insomma: il momento è cruciale. Credo che nel dopo virus, se certo non ci saranno grandi paradisi, si possa almeno evitare il ripetersi di altri inferni.