di Fabio Comanducci
Se la situazione non fosse drammatica, ci sarebbe da ridere a crepapelle. Mi riferisco alla presunta proposta di installare cabine di plexiglass sulle spiagge per rispettare la distanza sociale prevista dalle norme per combattere il covid-19. Queste “cabine” dovrebbero misurare 2 metri per due metri e alte altrettanto. Io mi chiedo se, coloro che hanno pensato questa soluzione, sono mai stati al mare sulla costa romagnola. Io ho praticato come bagnante Cesenatico per circa 50 anni, preferibilmente di luglio e raramente di agosto. Conosco quindi di cosa stiamo parlando.
Posso fare un pronostico se tale accorgimento fosse adottato: in una calda giornata di luglio o agosto la temperatura entro la cabina in plexiglass salirebbe oltre la capacità di sopportazione di un normale essere umano con rischio di uccidere non solo il virus ma anche il malcapitato personaggio che si è addormentato sul lettino o sulla sdraio: questo per almeno due motivi: il primo che gli ombrelloni ad oggi in dotazione per la maggioranza dei bagni ha una superficie inferiore ai due metri quadrati e l’ombra viene prodotta in base alla posizione del sole e quindi parte del perimetro sarebbe esposta al sole per molto tempo durante la giornata; in seconda battuta la barriera di plexiglass impedirebbe la circolazione dell’aria, di quel venticello marino (di mattina dal mare alla spiaggia e la sera dalla spiaggia al mare) che, se pur talvolta caldo, ha un effetto di mitigazione della temperatura. Mi viene la pelle d’oca se penso l’effetto che può fare la sabbia bollente dentro la gabbia marina … caldo .. caldo … caldo! A queste condizioni io, ovviamente, al mare non vado.
Partendo da questa presunta proposta, viene spontaneo allargare il ragionamento a tutti gli aspetti delle condizioni applicate per il rientro nella vita sociale e quindi nella ordinarietà della vita quotidiana. Ma chi di dovere, sa di cosa sta parlando? I 17 saggi ed esperti incaricati da Conte dovranno predisporre delle proposte che il governo dovrà approvare per la fase due o tre o quattro per portare l’Italia e gli italiani ad una normale vita sociale, economica, relazionale e affettiva oltre le mura domestiche.
Quello che io mi aspetto da esperti sono soluzioni innovative, impensabili dal popolo “normale”, soluzioni che ci permettano, nel rispetto di regole semplici ma non suicida, di riprendere la nostra vita … se la soluzione deve essere una vita insostenibile, anzi dannosa, una cura peggiore del male che andiamo a curare, beh … tali personaggi di esperti hanno solo la fama.
Pongo le seguenti domande non dando risposte perché io non sono un esperto.
a) Quale è la soluzione in equilibrio tra vivibilità e sicurezza per permettere ai giovani di vivere una serena esistenza sociale senza danneggiare le categorie più a rischio?
b) Quale è la soluzione in equilibrio tra vivibilità e sicurezza per permettere a tutti di frequentare i luoghi classici delle vacanze (mare, montagna, campagna, città d’arte)?
c) Quale è la soluzione in equilibrio tra vivibilità e sicurezza per permettere a tutti di frequentare i luoghi di svago quotidiano ( bar, pub ristoranti, alberghi)?
d) Quale è la soluzione in equilibrio tra vivibilità e sicurezza per permettere ai lavoratori di lavorare in serenità e tranquillità?
Non ho risposte, o perlomeno non sono un esperto per proporre risposte con un certo grado di attendibilità, ma come cittadino le pretendo dagli esperti, come pretendo dai governanti capacità di scelta consapevole e attuabile.
Non entro nel merito dell’emergenza economica, perché la stessa è stata causata proprio dalle decisioni prese sulla “distanza sociale” per debellare il covid-19 e quindi la soluzione deve partire dalle risposte alle quattro domande sopra poste. Ciò che è venuto meno infatti non è tanto la produzione dei beni e servizi (che comunque ha una sua rilevanza), ma dalla riduzione dei consumi che sono l’anello finale della catena chiamata processo produttivo (materie prime da cui la produzione da cui il commercio da cui i consumi con la finale remunerazione di tutte le fasi). Il taglio drastico dei consumi ha poi causato la perdita del lavoro degli addetti alle aziende che producevano beni ma soprattutto servizi legati al settore turistico. Di contro la crisi del 29 fu una grave crisi economica e finanziaria, mossa inizialmente da un eccesso di offerta rispetto alla domanda non supportata da una adeguata crescita salariale e la contemporanea crisi della borsa valori, in cui si investiva per aumentare il capitale (con continue vendite e acquisti per speculazione) e non per finanziare le aziende quotate e lucrare sui dividendi. La definitiva “botta” fu il ritiro improvviso dal mercato di diciottomila milioni di dollari effettuato dalle banche, cancellando le aperture di credito e chiedendone la restituzione, con il conseguente default di molte aziende e il relativo licenziamento di massa. Ovviamente ho semplificato molto, ma per evidenziare le differenze tra le due crisi.
Quella attuale è, ribadisco, una crisi dovuta al blocco della circolazione delle persone e se ne esce solamente se torniamo a fare la vita di prima, apportando, certamente degli accorgimenti che sarebbero comunque stati necessari quali, per esempio, una migliore distribuzione del reddito per aumentare il potere di acquisto, una flessione della pressione fiscale grazie soprattutto ad una più oculata spesa pubblica e alla lotta all’evasione fiscale.
E’ compito quindi degli “esperti” inventare soluzioni adeguate alle effettive esigenze della popolazione e non alchimie inutili … anzi dannose come le cabine di plexiglass.