Ho letto, come sempre con interesse, l’ultimo post di Andrea Scanzi. La sua “lettera a un PD mai nato” che nel titolo cita la Fallaci e nel testo, ancora una volta, si rivela una disamina puntuale (con le classiche coloriture ormai necessarie nell’odierno giornalismo d’opinione) e un auspicio senza dubbio condivisibile per tutti coloro che in Italia, oggi, si sentono di sinistra, quella vera. Però a Scanzi manca un passaggio storico e questa mancanza riduce il suo appello a qualcosa di (secondo me) sostanzialmente inutile. O meglio, utile per farsi dire che ha scritto un gran pezzo (che mica è poco), ma improduttivo nel concreto.
Quello che Scanzi non coglie è l’errore madornale compiuto a fine 2011.
Era appena crollato Berlusconi e Bersani, allora Segretario PD, aveva davanti un’autostrada. Messo K.O., più per demeriti altrui che meriti suoi (ma questo conta poco), il suo principale avversario in campo restava solo lui. Renzi c’era, ma era una figura marginale nella galassia PD, privo ancora del pompaggio televisivo e con una schiera di adepti ancora ridottissima. I 5 Stelle, allo stesso modo, erano ancora qualcosa di marginale. Il centrodestra era in mille pezzi fra Fini, Casini, il Berlusconi atterrato e altri personaggi minori.
Bersani, se fosse andato subito alle elezioni, avrebbe stravinto e governato con una coalizione di sinistra vera: PD + SEL. Non avrebbe certo cambiato le sorti del mondo compiendo miracoli, ma se non altro avrebbe governato.
Ma Bersani ascoltò gli inviti alla prudenza di Napolitano e si sorbí (e ci fece sorbire) Monti. Fu un anno e qualche mese d’incubo, per gli italiani e per la sinistra. Dal rigor montis decollò l’antipolitica con le due sue conseguenze più temibili: Renzi e i 5 Stelle.
Alle elezioni, tardive, del 2013 Bersani arrivò cotto (dopo aver battuto con gran fatica Renzi alle primarie) e non vinse. Fu la sua fine e la fine della sinistra. Incastrato prima dai 5 stelle (il famoso streaming…), poi di nuovo da Napolitano nella soluzione-Letta Bersani si scavò la fossa politica da solo. E nel frattempo Renzi dilagò, mietendo successi nell’elettorato moderato e facendo il lavaggio del cervello anche a tutti quelli che, teoricamente, dovevano ancora stare con Bersani.
Adesso, purtroppo, la sinistra sconta ancora l’errore del 2011 e le sue conseguenze.
Perchè, come Scanzi non sottolinea, nel PD adesso non ci sono i numeri, la forza e la credibilità per mettere a tappeto Renzi. Perché in questi anni di dominio assoluto ha riempito il partito di suoi replicanti, radendo al suolo valori e tradizioni della sinistra, schifandole e convincendo anche quelli che le avevano sempre avute a schifarle. Ha introdotto poi una metodologia politica (il pressappochismo e il lecchinismo arrivista / opportunista, tanto per citarne due) e una serie di stupidaggini spacciate per verità assolute (‘ci vuole un leader‘ e simili…) che ormai sono legge nella testa di quasi tutti, anche dentro al PD.
Non ci sono quindi i numeri (anche perchè qualcuno è uscito dal partito), né soprattutto la testa per un golpe. Non lo può fare Bersani, non lo può fare Rossi, neanche Emiliano e chissà chi altro.
Renzi da parte sua sa bene che tenersi il partito è fondamentale, perché è un giocattolo troppo utile…e infatti si dimette da premier, ma non molla il PD. Perchè se uscisse dal PD farebbe in due mesi la fine di Mariotto Segni nel 1993 e dintorni: si dissolverebbe.
Purtroppo per chi è di sinistra il destino è quindi inesorabile: fra qualche mese (non importa quanti e non importa con quale legge elettorale) andremo a votare e ci sarà ancora Renzi. Indebolito, ma ancora al suo posto. A quel punto toccherà candidarlo e votarlo a forza. Lo dovranno fare tutti quelli di sinistra, nel nome del ‘senso di responsabilità’, con lo spettro dei 5 Stelle.
E a quel punto non so se Renzi vincerà, ma sono sicuro che sarà l’ennesima sconfitta per la sinistra.