Nel genere da me e da tanti altri amato c’ è sempre stata la contrapposizione fra il buono ed il cattivo, fra colui che doveva far trionfare la legge, anche a costo di mettersi alla stregua dei banditi ed il delinquente spietato che non aveva pietà di nessuno.
In tutte le pellicole poliziottesche ci sono stati gli antagonisti, quelli per cui il pubblico, alla loro morte da parte del commissario di turno, applaudivano a scena aperta; ma ci sono stati anche casi in cui, nelle sale cinematografiche, gli spettatori parteggiavano per lo spietato fuorilegge e questo è il caso del poliziottesco per eccellenza, “ Roma a mano armata “ quando alla prima del film, il personaggio del Gobbo, interpretato da Tomas Milian fu applaudito a scena aperta, mentre il Commissario Tanzi, interpretato da Maurizio Merli, fu ampiamente fischiato, con l’ attore romano che, si dice, uscì dalla sala in lacrime, tutto ciò a detta dello sceneggiatore Dardano Sacchetti, ma questa è stata un’ eccezione.
Con voi, oggi, vorrei brevemente analizzare quelli che, a mio parere, sono stati i tre antagonisti più spietati per eccellenza: sul gradino più basso del podio metterei Vittorio Mezzogiorno, che tutti noi ci ricordiamo nel ruolo di Davide Licata nella serie “ La Piovra “, ma che ne “ La polizia è sconfitta “, film del 1977, di Domenico Paolella, interpreta la parte di Valli, che fa mettere bombe in vari esercizi commerciali che non pagano il pizzo, provocando stragi, e che poi si mette a calciare un pallone da calcio come se niente fosse, uccide un poliziotto all’ interno di un ristorante, uccide chi, secondo lui, vuole fregarlo, uccide un poliziotto che lo seguiva all’ interno di un autobus ma, a questo punto, la folla esasperata, lo lincia, con il Commissario Grifi, Marcel Bozzuffi l’ attore, che nulla può fare per assicurarlo ad una giustizia, scusate il gioco di parole, più giusta.
Al secondo posto di questa classifica, non si può non mettere Helmut Berger ne “ La belva col mitra “, di Sergio Grieco: l’ attore austriaco veste i panni di Nanni Vitali che, appena evaso dal carcere, dà sfogo a tutta la sua efferatezza prima pestando i titolari di un distributore di benzina, poi facendo uccidere, dopo aver violentato la sua donna, in un modo atroce, facendolo seppellire nella calce viva chi l’ aveva fatto incarcerare, tutto questo quasi sempre con un mitra in mano, ma quando si troverà senza armi, in un ultimo combattimento a mani nude, dimostrerà tutta la sua vigliaccheria e debolezza contro il Commissario Santini, Richard Harrison; Vitali perderà tutta la sua forza disumana e distruttrice un po’ come accadde a Sansone quando gli furono tagliati i capelli.
Sul primo gradino del podio non può non esserci Tomas Milian nel ruolo di Giulio Sacchi, in “ Milano odia, la polizia non può sparare “, di Umberto Lenzi: pazzo, narcisista, crudele, senza pietà per nessuno, uccide chi gli capita a tiro, dal semplice vigilante ai suoi “ collaboratori “, da chi gli doveva vendere delle armi, alla sua donna alla quale aveva confessato di essere lui l’ autore dei delitti che la stampa riportava, dalla ragazza rapita ad una bambina all’ interno di una villa, ma proprio quando stava celebrando la sua vittoria con la giustizia che aveva fatto ancora una volta un buco nell’ acqua, il Commissario Grandi, Henry Silva, claudicante proprio perché ferito da Sacchi, si pone davanti a lui: “ Preparati Sacchi, per te è finita “, “ Commissario cosa fa, la Polizia non può sparare “, e con un solo colpo di pistola Sacchi viene ucciso finendo la sua lurida vita in mezzo alla spazzatura.
Tre film forti, crudi in cui sì la giustizia vince, ma lo fa a carissimo prezzo.
Stefano Steve Bertini