Sgombro subito il campo da ogni equivoco, anch’io penso che la parata del 2 giugno debba essere cancellata e i denari dell’ organizzazione (due milioni e mezzo di euro) destinati alle zone terremotate.
In un paese che non perde occasione per proclamarsi solidale questo dovrebbe essere il minimo, fu fatto nel 1976, in occasione del terremoto del Friuli, non si vede la ragione per cui questo gesto non debba essere replicato oggi. Il mio appunto però finisce qui.
Per il resto è tutta retorica che fa scopa sopra un’altra retorica, da una parte chi crede che il senso dello stato-nazione trovi la sua glorificazione in una parata ai Fori Imperiali dall’altra quelli che le sfilate le hanno in uggia per principio. Salvo poi adeguarsi, non si sa quanto per convenienza o quanto per convinzione, ad altri stanchi riti, che ricordano molto da vicino le riviste militari, con sfoggio di bandiere, parole d’ordine e canzoni.
L’ Italia rischia di affogare nella retorica, quella di chi occupa posti di comando e quella di chi quei posti li vorrebbe: per fare cosa non è dato sapere. Certo se la soluzione alla crisi di bilancio di qualche comune, come emerge dalle proposte di qualche neo-Sindaco, è quella che ogni città batta moneta e si torni all’economia del baratto vuol dire che siamo ormai cotti e bolliti.
Come ricordava Michele Lupetti tra una settimana tutto sarà fagocitato e digerito in quel grande stomaco di ruminante che è diventata l’informazione, specie quella che corre su internet, tutti bravi a parole, un po’ meno nei fatti. Addio duomo di Mirandola, addio operai morti sul posto di lavoro, si torna a parlate degli Europei di calcio e delle stupidaggini di qualche politico improvvisato, the show must go on.