Cresce la febbre del gioco anche in provincia di Arezzo. I giocatori abituali sono in genere uomini, di età compresa fra i 31 e i 60 anni, anche se aumentano i giovani dai 20 ai 30 anni e le donne. Il giorno preferito per giocare è il sabato, seguito a ruota dal venerdì, sempre di pomeriggio. I giochi preferiti? Slot machine e Lotto, seguiti da Gratta e Vinci e carte. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine condotta fra gli operatori dei pubblici esercizi a cura della Confcommercio aretina con la collaborazione del Dipartimento delle Dipendenze della Asl 8.
“Volevamo avere il quadro preciso della situazione vista dall’osservatorio privilegiato dei locali”, spiega il responsabile provinciale di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) Confcommercio Massimiliano Micelli, “abbiamo preso in considerazione solo i luoghi in cui si gioca lecitamente, nel pieno rispetto della legge. Lungi da noi stigmatizzare il gioco, che è comunque uno strumento di svago e se fatto una tantum, magari in compagnia di amici, non comporta nulla di male. È la testa di chi lo usa a fare la differenze. E ci sono purtroppo casi di persone fragili che sfociano nel gioco patologico, con problemi personali e sociali evidenti. Noi vogliamo arginare questi rischi e insieme tutelare i gestori seri dei locali”.
L’indagine rivela che tra i giocatori dell’aretino sta crescendo anche la componente straniera, soprattutto dell’Europea dell’Est. Oltre la metà gioca tre o quattro volte la settimana, uno su quattro anche di più. Tra i motivi alla base, il desiderio di risolvere un problema finanziario attraverso una vincita considerevole o più semplicemente la voglia di sfuggire alle preoccupazioni quotidiane ricercando un piacere di cui, però, ad un certo punto non si riesce più a fare a meno. E scatta la patologia, che porta spesso anche a dilapidare il patrimonio familiare.
Almeno il 58% dei gestori di locali è a conoscenza di clienti con problemi legati al gioco. Uno su due almeno una volta si è sentito chiedere soldi in prestito dai giocatori. Quattro su dieci dicono di aver avuto problemi a causa del comportamento dei giocatori patologici. Sembra esistere un problema anche per i minorenni, più difficile tuttavia da monitorare perché sulla carta il gioco è vietato agli under 18.
Il Dipartimento delle Dipendenze di Arezzo, diretto dal dr. Marco Becattini, ha attualmente in carico n. 220 persone con dipendenza da gioco d’azzardo con un tasso di prevalenza tra i più alti della Toscana. Da notare inoltre il trend in aumento dei nuovi utenti che ha visto addirittura un raddoppiamento delle nuove richieste di aiuto dal 2012 al 2014. Il profilo medio del giocatore che si rivolge al SerT è maschio, giocatore di slotmachine e con un’età media di 46 anni. Fa sapere Valentina Cocci,psicologa del SerT ecoordinatore del Gruppo di Lavoro provinciale per il Gioco d’azzardo e le Nuove Dipendenze (GdL GAND), “Tra l’utenza che chiede aiuto per gioco d’azzardo al SerT negli ultimi anni sono aumentati le donne, che sempre più prediligono le slotmachine, gioco fino a qualche anno fa prerogativa degli uomini, e i giovani dai 20 ai 30 anni, attratti in particolare dai giochi in internet come il poker on line.
Il nostro punto di forza è la collaborazione tra Asl e istituzioni del territorio, a cominciare dalle categorie economiche come la Confcommercio, ma anche la Caritas, la Prefettura, gli Enti Locali ed altri soggetti. Grazie alla rete territoriale (GdL Gand) sono stati attuati in questi anni diverse indagini sul gioco d’azzardo e molteplici progetti di prevenzione che hanno coinvolto la comunità locale (scuole, centri di aggregazione sociale, associazioni sportive, ecc.); gli stessi percorsi di cura per il giocatore e la sua famiglia, grazie all’intervento di rete, hanno offerto nel tempo una risposta sempre più efficace ai molteplici bisogni del giocatore (crisi familiare, indebitamento, illeciti, usura, ecc.); infine, il riconoscimento precoce della patologia da parte dei soggetti invianti (medici di famiglia, centri di ascolto Caritas, servizi sociali del Comune, ecc.) ha permesso l’aumento delle richieste di aiuto e degli invii tempestivi ai Servizi di cura”.