Acque, in arrivo pene più severe per contaminazione
Chiunque contamina o corrompe acque rendendole concretamente pericolose per la salute pubblica potrà integrare il nuovo illecito previsto dal disegno di legge sui reati agroalimentari.
Regione Campania, approvato statuto Ente idrico
La Giunta della Regione Campania ha approvato lo statuto dell’Ente idrico campano (Eic) che governa, in attuazione della recente legge 15/2015 di riordino, il servizio idrico integrato (Sii) a livello regionale.
Aia, il Ministero approva la nuova modulistica
Diffusa il 16 marzo 2016 dal MinAmbiente la nuova modulistica per la presentazione della domanda di autorizzazione integrata ambientale (Aia) statale con specifico riferimento al riesame dell’istanza.
Fertilizzanti da rifiuti, spinta Ue dal 2018
Spingere sul maggiore riciclo di rifiuti organici per produrre fertilizzanti è l’obiettivo del nuovo regolamento sui fertilizzanti licenziato dalla Commissione Ue il 17 marzo 2016 che da gennaio 2018 manderà in soffitta le regole del 2003.
Spreco alimentare, prevenzione tramite riduzione tassa rifiuti
Approvato il 17 marzo 2016 dalla Camera il Ddl contro lo spreco alimentare che lancia sconti sulla tassa rifiuti per chi cede gratuitamente beni alimentari agli indigenti.
Anci-Ifel, tassa rifiuti per B&B più bassa rispetto agli alberghi
L’Istituto per la finanza e l’economia locale (Ifel) di Anci ricorda ai Comuni l’opportunità di una tariffa rifiuti ad hoc per i Bed & Breakfast più bassa di quella per gli alberghi anche se più alta di quella per le abitazioni.
Cassazione: niente Iva sulla tariffa di igiene ambientale (Tia1)
Niente Iva sulla tariffa di igiene ambientale sul servizio rifiuti (cosiddetta”Tia1″) secondo le Sezioni Unite della Cassazione che ribadiscono inoltre la compatibilità della disciplina col diritto Ue.
Grassi animali, firmato regolamento per utilizzo come combustibile
Il Ministro dell’ambiente ha comunicato l’11 marzo 2016 di avere firmato il regolamento che inserisce grassi di origine animale nell’elenco delle biomasse atte alla combustione ai sensi del Codice ambientale (Dlgs 152/2006).
Seveso, Toscana pianifica ispezioni
La Giunta regionale della Toscana ha approvato il Piano regionale delle ispezioni degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante connessi con sostanze pericolose (“Seveso”) e il programma annuale 2016.
Scia edilizia, autotutele “regionali” sono incostituzionali
La Corte Costituzionale ha bocciato la Lr Toscana che consente alla P.a. di inibire la segnalazione certificata di inizio attività (Scia), decorsi i 30 giorni previsti dalla legge, nel caso di violazione degli strumenti urbanistici.
Difesa del suolo, Toscana regola “subentro” Regione
Via libera della Giunta regionale della Toscana al subentro della Regione nei procedimenti in materia di difesa del suolo con l’immediata presa in carico delle istanze presentate successivamente al 1° luglio 2015.
Curiosità a Londra il più grande impianto fotovoltaico d’Europa
Sarà il più grande impianto d’Europa situato su uno specchio d’cqua, si troverà nei sobborghi di Londra, nei pressi di Walton on Thames, questo gigantesco impianto fotovoltaico galleggiante sarà costruito sul bacino idrico chiamato Queen Elizabeth II. Sarà composto da 23 mila pannelli solari, che copriranno uno specchio d’acqua grande quanto otto campi di calcio. Genererà 5,8 Milioni di Kwat in un anno.
Rapporto mondiale della felicità: Italia cinquantesima. C’è poco da star felici
Valutati 156 Paesi secondo il loro livello di felicità, che riflette il crescente interesse globale sull’utilizzo della felicità e del benessere soggettivi come indicatori primari della qualità dello sviluppo umano. La misurazione della felicità percepita e il raggiungimento del benessere dovrebbero essere attività all’ordine del giorno di ogni nazione che si propone di perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile e benessere umano. I primi 10 Paesi più felici del mondo sono: la Danimarca che conquista il primo posto, seguita da Svizzera, Islanda e Norvegia. La top 10 è completata da Finlandia, Canada, Olanda, Nuova Zelanda, Australia e Svezia. Gli Usa passano dal 15esimo al 13esimo posto, mentre l’Italia resta bloccata al 50esimo posto, subito dopo Nicaragua e Uzbekistan, due Paesi dove la vita non è certo facile. I Paesi più infelici del mondo sono Grecia (99esima), Tagikistan (100°) Mongolia (101), Laos (102), Nigeria (103), Honduras (104), Iran (105), Zambia (106).
Trivelle, il Referendum del 17 Aprile spigato per bene a cura del Comitato per il SI.
Perché questo referendum? Quando, dove e su cosa si vota? È vero che se vincesse il “sì” si perderebbero posti di lavoro? È opportuno lasciare sotto terra il gas e il petrolio italiani quando importiamo dall’estero? Le risposte in un vademecum del neonato “Comitato nazionale Vota Sì per fermare le trivelle”. Il prossimo 17 aprile si terrà un referendum popolare. Si tratta di un referendum abrogativo, e cioè di uno dei pochi strumenti di democrazia diretta che la Costituzione italiana prevede per richiedere la cancellazione, in tutto o in parte, di una legge dello Stato. Perché la proposta soggetta a referendum sia approvata occorre che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto e che la maggioranza dei votanti si esprima con un “Sì”. Hanno diritto di votare al referendum tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto la maggiore età. Votando “Sì” i cittadini avranno la possibilità di cancellare la normasottoposta a referendum.
Dove si voterà?
Si voterà in tutta Italia e non solo nelle Regioni che hanno promosso il referendum. Al referendum potranno votare anche gli italiani residenti all’estero.
Quando si voterà?
Sarà possibile votare per il referendum soltanto nella giornata di domenica 17 aprile.
Cosa si chiede esattamente con il referendum del 17 aprile 2016?
Con il referendum del 17 aprile si chiede di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo.
Nonostante, infatti, le società petrolifere non possano più richiedere per il futuro nuove concessioni per estrarre in mare entro le 12 miglia, le ricerche e le attività petrolifere già in corso non avrebbero più scadenza certa. Se si vuole mettere definitivamente al riparo i nostri mari dalle attività petrolifere occorre votare “Sì” al referendum. In questo modo, le attività petrolifere andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni.
Qual è il testo del quesito?
Il testo del quesito è il seguente: «Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?».
È possibile qualora il referendum raggiunga la maggioranza dei “SÌ” il risultato venga poi “tradito”?
A seguito di un esito positivo del referendum la cancellazione della norma che al momento consente di estrarre gas e petrolio senza limiti di tempo sarebbe immediatamente operativa. L’obiettivo del referendum è chiaro e mira a far sì che il divieto di estrazione entro le 12 miglia marine sia assoluto. Come la Corte costituzionale ha più volte precisato, il Parlamento non può successivamentemodificare il risultato che si è avuto con il referendum, altrimenti lederebbe la volontà popolare espressa attraverso la consultazione referendaria.
Qualora però non si raggiungesse il quorum previsto perché il referendum sia valido (50% più uno degli aventi diritto al voto), il Parlamento potrebbe fare ciò che vuole: anche mettere in discussione la zona off limits.
È vero che se vincesse il SÌ” si perderebbero moltissimi posti di lavoro?
Un’eventuale vittoria del “Sì” non farebbe perdere alcun posto di lavoro: neppure uno. Un esito positivo del referendum non farebbe cessare immediatamente, ma solo progressivamente, ogni attività petrolifera in corso.
Prima che il Parlamento introducesse la norma sulla quale gli italiani sono chiamati alle urne il prossimo 17 aprile, le concessioni per estrarre avevano normalmente una durata di trenta anni (più altri venti, al massimo, di proroga). E questo ogni società petrolifera lo sapeva al momento del rilascio della concessione. Oggi, di fatto, non è più così: se una società petrolifera ha ottenuto una concessione nel 1996 può – in virtù di quella norma – estrarre fino a quando lo desideri. Se, invece, al referendum vincerà il “Sì”, la società petrolifera che ha ottenuto una concessione nel 1996 potrà estrarre per dieci anni ancora e basta, e cioè fino al 2026. Dopodiché quello specifico tratto di mare interessato dall’estrazione sarà libero per sempre.
L’Italia dipende fortemente dalle importazioni di petrolio e gas dall’estero. Non sarebbe opportuno, al contrario, investire nella ricerca degli idrocarbuti e incrementare l’esrtazione di gas e petrolio?
L’aumento delle estrazioni di gas e petrolio nei nostri mari non è in alcun modo direttamente collegato al soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale. Gli idrocarburi presenti in Italia appartengono al patrimonio dello Stato, ma lo Stato dà in concessione a società private – per lo più straniere – la possibilità di sfruttare i giacimenti esistenti. Questo significa che le società private divengono proprietarie di ciò che viene estratto e possono disporne come meglio credano.
Allo Stato esse sono tenute a versare solo un importo corrispondente al 7% del valoredella quantità di petrolio estratto o al 10% del valore della quantità di gas estratto. Non tutta la quantità di petrolio e gas estratto è però soggetta a royalty. Le società petrolifere non versano niente alle casse dello Stato per le prime 50.000 tonnellate di petrolio e per i primi 80 milioni di metri cubi di gas estratti ogni anno e godono di un sistema di agevolazioni e incentivi fiscali tra i più favorevoli al mondo. Nell’ultimo anno dalle royalty provenienti da tutti gli idrocarburi estratti sono arrivati alle casse dello Stato solo 340 milioni di euro.
Il rilancio delle attività petrolifere non costituisce un’occasione di crescita per l’Italia?
Secondo le ultime stime del Ministero dello Sviluppo Economico effettuate sulle riserve certe e a fronte dei consumi annui nel nostro Paese, anche qualora le estrazioni petrolifere e di gas fossero collegate al fabbisogno energetico nazionale, le risorse rinvenute sarebbero comunque esigue e del tutto insufficienti. Considerando tutto il petrolio presente sotto il mare italiano, questo sarebbe appena sufficiente a coprire il fabbisogno nazionale di greggio per 7 settimane. Le riserve di gas per appena 6 mesi. Le ricchezze dell’Italia sono altre:
Il turismo. Si stima che le presenze complessive nelle destinazioni marine italiane siano state circa 253 milioni nel corso del 2013, con un impatto economico stimato in oltre 19 miliardi e 149 milioni di euro. Importante sottolineare infine come secondo il rapporto “Impresa Turismo 2013” (Unioncamere, 2013) il patrimonio naturalistico delle nostre destinazioni balneari è la prima motivazione di visita per i turisti stranieri.La pesca, che si esercita lungo i 7.456 km di costa entro le 12 miglia marine, produce circa il 15% del PIL marittimo e dà lavoro a circa 60.000 persone (dati ISFOL).Il patrimonio culturale, che vale il 5,4% del PIL e che dà lavoro a circa 1,5 milioni di persone (dati Federculture), con un fatturato annuo di circa 40 miliardi di euro.Il comparto agroalimentare, che vale l’8,7% del PIL, dà lavoro a 3 milioni e 300.000 persone con un fatturato annuo di 119 miliardi di euro e che nel solo 2014 ha conosciuto l’esportazione di prodotti per un fatturato di circa 34,4 miliardi di euro (dati Nomisma).La piccola e media impresa, che conta circa 4,2 milioni di piccole e medie “industrie” (e, cioè, il 99,8% del totale delle industrie italiane), e che costituisce il vero motore dell’intero sistema economico nazionale: tali imprese assorbono l’81,7% del totale dei lavoratori del nostro Paese, generano il 58,5% del valore delle esportazioni e contribuiscono al 70,8% del PIL. Il solo comparto manifatturiero, che conta circa 530.000 aziende, occupa circa 4,8 milioni di addetti, fattura 230 miliardi di euro l’anno, equivalente al 13% del PIL nazionale, e contribuisce al totale delle esportazioni del Made in Italy nella misura del 53,6% (dati Confapi).
Però gli italiani utilizzano sempre di più la macchina per spostarsi. Non è un controsenso?
Ciò che si estrae in Italia non è necessariamente destinato alla produzione del carburante per le autovetture ed ancor meno per quelle in circolazione nel nostro Paese. Tuttavia gli elevati consumi di petrolio nel settore dei trasporti potrebbero essere notevolmente diminuiti con una seria politica di mobilità sostenibile per le persone e per le merci nelle aree
urbane, ma non solo. Secondo l’Unione europea, rispetto agli altri Stati membri, al riguardo l’Italia è agli ultimi posti.
Cosa ci si attende?
Il voto referendario è uno dei pochi strumenti di democrazia diretta a disposizione degli italiani ed è giusto che i cittadini abbiano la possibilità di esprimersi anche sul futuro energetico del nostro Paese. Nel dicembre del 2015 l’Italia ha partecipato alla Conferenza ONU sui cambiamenti climatici tenutasi a Parigi, impegnandosi, assieme ad altri 194 Paesi, a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi e a seguire la strada della decarbonizzazione. Fermare le trivellazioni in mare è in linea con gli impegni presi a Parigi e contribuirà al raggiungimento di quell’obiettivo.
È necessario, nel frattempo, affrontare il problema della transizione energetica, puntando anche sul risparmio e sull’efficienza energetica e investendo da subito nel settore delle energie rinnovabili, che potrà generare progressivamente migliaia di nuovi posti di lavoro. Il tempo delle fonti fossili è scaduto: è ora di aprire ad un modello economico alternativo.
Perché questo referendum?
Per tutelare i mari italiani, anzitutto. Il mare ricopre il 71% della superficie del Pianeta e svolge un ruolo fondamentale per la vita dell’uomo sulla terra. Con la sua enorme moltitudine di esseriviventi vegetali e animali – dal fitoplancton alle grandi balene produce, se in buona salute, il 50% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe fino ad 1/3 delle emissioni di anidride carbonica prodotta dalle attività antropiche.
La ricerca e l’estrazione di idrocarburi ha un notevole impatto sulla vita del mare. Le attività di routine delle piattaforme possono rilasciare sostanze chimiche inquinanti e pericolose nell’ecosistema marino, con un forte impatto sull’ambiente e sugli esseri viventi, come dimostrano i dati del ministero dell’Ambiente relativi ai controlli eseguiti nei pressi delle piattaforme in attività oggi nel mare italiano.
Anche la ricerca del gas e del petrolio, che utilizza la tecnica dell’airgun (esplosioni di aria compressa), incide, in particolar modo, sulla fauna marina: le emissioni acustiche dovute all’utilizzo di tale tecnica possono elevare il livello di stress dei mammiferi marini, modificare il loro comportamento e indebolire il loro sistema immunitario. Possono provocare inoltre danni diretti a un’ampia gamma di organismi marini – cetacei, tartarughe, pesci, molluschi e crostacei – e alterare la catena trofica.
Senza considerare che i mari italiani sono mari “chiusi” e un incidente anche di piccole dimensioni potrebbe mettere a repentaglio tutto questo. Un eventuale incidente – nei pozzi petroliferi offshore e/o durante il trasporto di petrolio – sarebbe fonte di danni incalcolabili con effetti immediati e a lungo termine sull’ambiente, la qualità della vita e con ripercussioni gravissime sull’economia turistica e della pesca.
(A cura del Comitato nazionale Vota SI per fermare le trivelle)