Il libro che vi propongo oggi è un romanzo ambientato nel clima drammatico dei cosiddetti “Anni di piombo”, uno dei periodi più oscuri e sanguinosi della recente storia d’Italia, caratterizzato da violenze di piazza di matrice politica che sfociarono nel terrorismo e nella lotta armata. Su quei fatti sono stati pubblicati decine di volumi, principalmente saggi o memorie, scritti spesso dagli stessi protagonisti dell’epoca (nel bene o nel male) e come se non bastasse sono stati realizzati film, documentari e reportage dalle più autorevoli firme del cinema e del giornalismo nostrano. Eppure, nonostante tutto questo, sono ancora molte, anzi troppe, le ombre sugli omicidi, gli attentati e le stragi che insanguinarono il nostro Paese.
Per questo ritengo che un punto di vista diverso, meno convenzionale, possa essere utile per far comprendere, specie ai più giovani che non l’hanno vissuto, quello che hanno significato in Italia le violente contrapposizioni tra destra e sinistra, la strategia della tensione e i servizi segreti deviati e quanto hanno influito tutte queste cose nell’evidente mancanza di evoluzione sociale e politica che ancora oggi stiamo scontando.
E’ proprio quello che tenta di fare Manuel Fondato col suo “Il sonno della ragione” edito da Historica, usando disinvoltamente il linguaggio duttile e accattivante della finzione narrativa al posto di quello rigido e serioso della ricerca storiografica. In questo modo le vicende storiche si mischiano e si intersecano con quelle private dei protagonisti e la dissoluzione di una normale famiglia borghese diviene simbolo e metafora della decomposizione di un’intera nazione.
Come sanno coloro che seguono la mia rubrica, io sono un convinto sostenitore dell’ibridazione dei generi letterari e un feroce nemico di ogni schematismo, per questo se per caso qualcuno mi domandasse di definire con una formula questo libro non saprei farlo. E’ un noir? O forse un romanzo storico? O magari un racconto psicologico? E’ un bel libro innanzitutto (che è quello che più conta) ed è un po’ tutte queste cose insieme, ma soprattutto è un’occasione per confrontarci col nostro comune passato attraverso le vicende di personaggi complessi e moderni, in cui giusto e sbagliato convivono e si contraddicono continuamente, esattamente come accade ogni giorno nella vita reale a ciascuno di noi.
Concludo come sempre riportando una breve sinossi del libro direttamente dal sito della Casa Editrice: “Roma, 1964. In seguito all’improvvisa morte del padre, principale collaboratore del potentissimo ministro Umberto De Francesco e alla nuova relazione della madre con il giornalista Eugenio Conforti, il giovane Paolo Basile decide di andare via di casa, nonostante il grandissimo legame con la sorella Giulia, ancora adolescente. Sceglie di arruolarsi come ufficiale nei Carabinieri per poter proseguire gli studi in Accademia e chiede aiuto proprio a De Francesco. Diventato Capitano, Paolo viene notato dal Generale Tiziano D’Onofrio, che sta costituendo a Torino un nucleo speciale per contrastare l’emergente fenomeno del terrorismo. Una notte, durante un posto di blocco, i suoi uomini fermano un’auto e gli portano i documenti della coppia che è all’interno. Nonostante il nome e il taglio di capelli differenti, Paolo, osservando la foto della donna, crede di riconoscere sua sorella Giulia.”
Buona lettura.
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I misteri non sono egualmente misteriosi.Talvolta ,dietro fatti ed eventi "misteriosissimi", si nascondono spiegazioni e verità relativamente banali.Consideri le vicende della Regia Marina durante le seconda guerra mondiale.Troppi convogli che dovevano rifornire il fronte libico colavano a picco ;al di là delle indubbie capacità operative inglesi e dello spirito di sacrificio della nostra Marina.Una ipotesi che ebbe ,disgraziatamente,molto credito fu quella del tradimento.Poi si scoprì che gli inglesi avevano,sin dal 1938,avviato con successo la decrittazione in tempo reale delle comunicazioni gestite dalle macchine "Enigma".Attraverso le quali passava buona parte del traffico informativo ed operativo tra i Comandi e le forze armate dell'Asse.Se,come nel caso del terrorismo politico,aggiungiamo l'ulteriore effetto distorsivo dei depistaggi,le cose si complicano oltremodo.Aggiungerei la difficoltà rappresentata dalla periodizzazione del fenomeno.Quali criteri interpretativi consentono ,e confermano, questa o quella periodizzazione?Per certi aspetti,e c'è chi lo sostiene,la vita unitaria italiana è intessuta ,sin dall'inizio, da un tale tasso di illegalità e violenza che il termine "a quo" potrebbe tranquillamente collocarsi nel 1861.Su quello "ad quem" stenderei un velo pietoso.