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Divenire Genitori

Quando un adulto inizia a conoscere e familiarizzare con il suo bimbo appena nato percepisce primariamente la sua fragilità e il suo bisogno di cure. Questo spiega l’immagine che i genitori strutturano del figlio come dipendente dal loro supporto, e questa percezione può anche continuare a lungo nel tempo, lo sguardo del genitore può incontrare delle difficoltà a modificare tale immagine alla luce della crescita reale.

Anche il figlio a sua volta dalla nascita in poi struttura un’immagine dei genitori come onnipotenti, e allo stesso modo potrebbe incontrare difficoltà a modificare tale percezione alla luce del fatto che con la crescita egli diventa a sua volta potente e in grado di provvedere sempre di più a se stesso in maniera autonoma.

I bambini presentano tutte le risposte fisiche che hanno gli adulti. I loro sensi sono al lavoro fin dalla nascita.

Il cervello di un bambino lavora per dare una interpretazione a ciò che sente, anche se non può comunicare in maniera chiara che cosa capisce.

Il cervello umano può essere assimilato ad un computer che lavora costantemente per fare connessioni volte a registrare e interpretare ciò che succede nella realtà.

Come il computer, il cervello non sa ciò che non conosce, può usare solo informazioni che già conosce.

Il contatto con una mano, il suono di una voce umana e gli odori dell’ambiente domestico sono le prime esperienze attraverso cui un bambino comincia ad apprendere cos’è il mondo nel quale vive.

Come un genitore ricerca il contatto e come questo risuona nel figlio rappresenta la base per ciò che il bambino impara del suo essere nel mondo.

Il bambino deve mettere insieme tutte le sensazioni tattili di contatto con altri esseri umani, tutte le facce viste, tutte le voci udite, tutti gli odori percepiti intorno a lui e deve dare loro un significato.

All’inizio il mondo del neonato è confuso e caotico.

Nel primo anno di vita, un bambino deve apprendere più che in ogni altro periodo della vita, infatti non succederà più che si trovi davanti così tante nozioni, provenienti dai più svariati contesti, in così poco tempo.

Ci sono tre aree che rendono difficile il compito della famiglia in questa specifica fase di vita che è l’infanzia dei figli:

i genitori spesso hanno difficoltà ad accettare la propria IGNORANZA, ovvero il fatto che non possono conoscere in modo chiaro e certo il mondo interno del proprio bambino. L’accettazione di questa ignoranza deve spingere all’osservazione attenta e partecipe del proprio bambino, che con le sue reazioni può aiutare il genitore a sciogliere l’ansia rispetto alla percezione di non sapere;

i genitori spesso non accettano che a volte la propria COMUNICAZIONE con il bambino può rivelarsi INEFFICACE. I genitori possono inviare messaggi anche senza accorgersene, o essere convinti di offrire delle comunicazioni chiare quando invece così non sta accadendo all’interno della relazione con il proprio bambino. I genitori non devono spaventarsi di fronte a reazioni inaspettate, ma possono attraverso esse mettere in luce cosa può essere passato nell’interazione affinché essa possa essere corretta. Si può sempre riparare, e l’esempio dell’adulto che ripara è un’esperienza doppiamente educativa per il figlio;

i genitori possono presentare INSICUREZZA RISPETTO AI PROPRI VALORI, per cui possono voler insegnare valori che poi non sono in grado di applicare nel “fare” quotidiano: questa percezione di disonestà del genitore che arriva al bambino porta confusione e difficoltà di comprensione. Si deve poter insegnare principalmente attraverso il “fare” e nel momento in cui il genitore si accorge della discrepanza tra i suoi insegnamenti orali al figlio e il suo esempio nella realtà, deve poter spiegare in maniera onesta al bambino che anche il genitore può incorrere nell’errore e che si può sempre imparare da esso.

E’ importante comprendere che non esistono regole rigide per allevare i figli, ma la miglior preparazione ad essere genitori è quella in cui gli adulti sviluppano l’apertura a nuove cose, l’entusiasmo di conoscere, il senso di humour, la consapevolezza di se stessi e la libertà ad essere onesti.

Elena Colzi

Psicologa Clinica e Psicoterapeuta in formazione, mi occupo privatamente di Consulenza Psicologica Sistemico-Relazionale rivolta a famiglie, coppie e individui presso il centro FISIOFOR di Camucia. Attualmente collaboro anche con i servizi pubblici territoriali di Salute Mentale in qualità di Psicologa volontaria. Appassionata e perfezionista, difendo tenacemente il sogno di fare l'ingrato lavoro dello psicologo oggi nella mia amata Val di Chiana. cellulare: 3384157461 e-mail: elenacolzi@hotmail.it

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  • mi fa piacere che ci sia qualcuno/a che scrive cose di questo tipo e lavora per facilitare e rendere efficace la relazione genitore- bambino, cioè per costruire un futuro migliore, ma voglio permettermi, anche se sono solo genitore e nonno ma non un tecnico, di aggiungere una osservazione, visto che si fa riferimento al computer come paradigma dell'apprendimento e di questo ne capisco: la cosa più importante per il funzionamento del computer non sono le informazioni che recepisce ed elabora ma il programma di cui qualcuno lo ha dotato, così come per il cervello è il metodo di indagine della realtà ed è questo che i genitori devono trasmettere al bambino molto più che i "valori": l'amore per il dubbio e la ricerca.
    Complimenti comunque alla giovane Elena Colzi e grazie per il lavoro che fa con entusiasmo per la crescita della nostra civiltà

  • Grazie Giancarlo, mi fa molto piacere che lei abbia letto con interesse il mio articolo.

    Quello che vorrei precisare è che, dal mio punto di vista, preferisco non parlare della crescita psicologica dell'individuo come dipendente da un "programma di cui egli è stato dotato" perché tale metafora porta con sé un significato di acriticità e annulla ciò che l'individuo costruisce autonomamente.

    Noi abbiamo bisogno di informazioni per costruire la nostra vita psichica e queste informazioni sono veicolate dalle relazioni significative di cui facciamo parte fin dalla nostra nascita. Le relazioni sono per sua natura sempre circolari, e il bambino, pur nel suo maggior bisogno di cure, ha un ruolo attivo nel processare le informazioni che riceve, e non saranno i genitori i creatori del "programma" che gli permette di crescere. I genitori, dal mio punto di vista, non sono solo trasmettitori di valori, ma soprattutto di umanità, e con la loro guida potranno sostenere i propri figli nella crescita, ma non potranno mai determinare aprioristicamente "il programma con il quale guarderanno al mondo". Probabilmente il tentativo di semplificare ciò che è complesso attraverso una metafora sicuramente riduttiva come quella del computer può essere stata fuorviante rispetto alla trasmissione del mio pensiero.

    La ringrazio, e mi scuso per il ritardo nella risposta.

    Dott.ssa Elena Colzi

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Elena Colzi

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