“ La polizia è al servizio del cittadino? “ è un poliziottesco del 1973 con la regia di Romolo Guerrieri, con le musiche dell’appena scomparso Luis Bacalov e magistralmente interpretato da Enrico Maria Salerno, nel ruolo del “ disilluso “ Commissario Nicola Sironi, che non deve combattere solo contro i delinquenti abituali, ma anche contro una giustizia che, alla fine, lo porterà a farsi la “ sua giustizia “. Altri interpreti di questo ottimo poliziottesco sono Giuseppe Pambieri, nel ruolo del vice commissario Martino, Daniel Gelìn, nel ruolo dell’insospettabile Ingegner Brera e Venantino Venantini, nel ruolo del delinquentucolo Pino Mancinelli.
Nicola Sironi è un Commissario di Polizia, separato dalla moglie, con un figlio che lo detesta e con la sigaretta sempre in mano, ma che cerca di fare nel miglior modo possibile il suo lavoro, pur tra mille difficoltà. Nella città in cui opera, Genova, è presente un racket del mercato all’ingrosso, un racket al quale, se qualcuno si ribella, fa una brutta fine ed una brutta fine la fa un tal Albini che, al porto, viene prima pestato a sangue e poi appeso al gancio di una gru. Sul posto arriva Sironi, che cerca di raccogliere testimonianze, ma, ovviamente, tutti tacciono. Il Commissario, però, ha un asso nella manica: Eros, la prostituta, interpretata da Gabriella Giorgelli, la quale lo porta dal suo protettore, Pino Mancinelli, il quale, però, fa finta di non sapere niente. Allora, Sironi, convoca un po’ di persone in questura, fra le quali lo stesso Mancinelli e “ Il Barone “, nel cui ruolo troviamo Memmo Carotenuto. Prima di questi, prova ad interrogare un certo “ Tomba “, ma, come dice il suo soprannome, non dice niente; è poi il turno del Barone che, per non compromettersi, fa finta di essere pestato, ma fa il nome di un tale Scalise. Viene chiamato poi a testimoniare Mancinelli, il quale non parla, ma Sironi, facendo l’esatto contrario di quanto fatto col Barone, lo sbugiarda, praticamente condannandolo a morte. Difatti, poco tempo dopo, viene preso da degli scagnozzi, probabilmente di Brera, che lo accusano di aver parlato e di aver fatto il nome di Scalise, viene brutalmente picchiato e gettato dalla finestra dell’ultimo piano di un grattacielo. Intanto, Sironi ha anche i suoi problemi familiari, trovandosi costretto a fermare il figlio, interpretato da Alessandro Momo, che partecipava ad una manifestazione della sinistra extra – parlamentare; tranquillizza la ex – moglie al telefono, dicendole che il figlio in due ore sarebbe stato fuori, ma la donna tronca la conversazione; prova, poi, a dialogare col figlio Michele, ma dopo che questi gli contesta non tanto il ruolo del Commissario, bensì quello del padre, questi gli molla un ceffone, facendolo andar via. Intanto, altre uccisioni si susseguono: Scalise, ormai bruciato, viene ucciso ed appeso a testa in giù con e come i maiali. Un fruttivendolo, che si era ribellato al racket e che aveva promesso a Sironi che il giorno dopo sarebbe andato in Questura a fare nomi e cognomi, viene ucciso davanti alla figlia dopo che gli era stata gettata una bomba davanti al negozio, ed è proprio da questo fatto che scatta il piano del Commissario: far finta che il fruttivendolo sia ancora vivo in modo tale da attirare i killer in trappola e farli parlare, ma la trappola funziona a metà, perché i due, uno dei quali è “ Tomba “, vengono uccisi, con Sironi che dice a quest’ultimo “ Te l’avevo detto che ti avrebbero fregato “, con il ragazzo che gli muore fra le braccia. Chiaramente, Sironi sospetta di Brera, con il quale insieme al suo capo ha un colloquio poco costruttivo, ma non ci sono prove sufficienti per incastrarlo ed anche i suoi superiori poco fanno per coadiuvarlo, anzi …. Come se non bastasse, scopre anche che il suo collega nonché amico, il vice Commissario Martino, molto dedito a frequentare allegre compagnie, è corrotto. Quest’ultimo, ormai trovandosi con le spalle al muro, fa retromarcia, offrendogli tutta la sua collaborazione e Sironi, per quanto ampiamente deluso dal suo comportamento, seppur non potendosi fidare ciecamente, accetta. Scampa ad un attentato, grazie proprio ad una telefonata di Martino, uccidendo anche uno degli aggressori dopo essere andato con il Barone a cercare delle prove che potessero incastrare Brera.
Siamo alle scene finali: Martino, ormai pentito, tenta di incastrare Brera con una telefonata che lui registra, fissando un appuntamento, ma Brera, sul luogo dell’appuntamento, è molto diffidente nei suoi confronti. Quando fa per andare via, tenta di avvisare le pattuglie e poi di partire, ma invano, essendogli stata sabotata la macchina. Sceso dalla vettura, viene circondato da due macchine e viene da queste travolto ed ucciso. Sironi, avvisato che Martino aveva avuto questo appuntamento con Brera, cerca di arrivare in tempo, ma ormai è troppo tardi ed alcuni flashback con l’amico, ormai morto, gli passano nella mente. Ha in mano, però, il nastro, che porta a far ascoltare ai suoi superiori, ma qualcuno l’ha manomesso, scagionando così Brera, e viene sospeso dal servizio con l’assicurazione che nessuna notizia sulla corruzione del suo vice sarebbe trapelata.
A questo punto, scatta la sua vendetta: salito in macchina di Brera, lo minaccia con una pistola, con quest’ultimo che gli dice che, anche se lo dovesse ammazzare, ci sarebbe poi un altro al suo posto ed il sistema continuerebbe ad essere marcio, ma Sironi, non avendo più nulla da perdere, non si fa certo intimorire. Fermata la macchina, lo tramortisce con un colpo dietro la nuca. Al suo risveglio, Brera accende i fari della macchina e fuori da questa vede Sironi che non dice una parola. La macchina è sistemata sui binari e sta arrivando un treno, ma Brera non perde la sua spavalderia continuando ad insultare il Commissario, ma dopo l’ultimo “ bastardo “, il treno travolge la macchina, uccidendolo.
Anche in questo film possiamo vedere come il sistema fosse davvero marcio, con poliziotti corrotti ed altri funzionari che non si volevano pregiudicare la carriera andando ad intralciare i poteri forti. Il solo poliziotto onesto, pur cercando di agire nei limiti della legge, alla fine era costretto a mettersi alla stessa stregua dei delinquenti ed a farsi giustizia da sé.
Stefano Steve Bertini