Luc Merenda, Mel Ferrer, Tomas Milian, Delia Boccardo ed altri buoni comprimari sono i protagonisti di “ La polizia accusa, il servizio segreto uccide “, un ottimo poliziottesco con buone venature di spionaggio, con la regia di Sergio Martino e con le musiche di Luciano Michelini, anno di uscita 1975. Un poliziottesco con molto ritmo, molti colpi di sena e con un finale molto amaro. Come in altri film di genere analizzati, questo film tratta di un’ organizzazione segreta volta a sovvertire gli apparati statali con un golpe.
Il film inizia con tre “ morti sospette “ di tre militari, un maggiore, un colonnello ed un generale, che tutto saranno tranne che morti sospette: una macchina sabotata ed il primo dei tre va a schiantarsi contro un albero, il secondo viene tramortito e con la pistola in pugno “ fatto suicidare “, il terzo ugualmente tramortito, steso sui binari della linea Firenze – Bologna e maciullato dal treno in arrivo. Maggiore Lorusso, Colonnello Scanni e Generale Stocchi i nomi dei tre militari “ fatti suicidare “. Ma perché tutto questo? Perché, si scoprirà in seguito da alcune registrazioni riguardanti Stocchi, che almeno quest’ ultimo, ma presumibilmente anche gli altri due, si era tirato indietro dal partecipare ad un colpo di stato. Nel frattempo, il Commissario Giorgio Solmi, interpretato da Luc Merenda, sta indagando sulla morte di un certo Chiarotti, il cui cadavere è stato ritrovato all’ interno di una villa di sua proprietà ucciso da più colpi inferti da un attizzatoio. Il vice commissario Caprara ed il maresciallo De Luca sono i fidi assistenti di Solmi. I primi indizi portano al ritrovamento di alcuni capelli neri, presumibilmente di una donna che era nella villa al momento dell’ aggressione. Alla villa arriva il Sostituto Procuratore Mannino, interpretato da Mel Ferrer, che non approva i metodi di Solmi, giudicandoli al di sopra della legge. Le prime indagini rivelano che Chiarotti svolgesse la professione di elettrotecnico, indi per cui come poteva permettersi una villa così lussuosa? Maria, interpretata da Delia Boccardo, e vecchia fiamma di Solmi, sta indagando, da giornalista, “ sull’ epidemia degli ufficiali “, ma Solmi ritiene il caso troppo grande per lui anche se poi, suo malgrado, sarà costretto ad occuparsene. Tramite la gestrice di una casa d’appuntamenti, Solmi riesce a risalire alla ragazza con i capelli neri, una prostituta di nome Giuliana Raimondi, detta la Tunisina, ma come i nostri vanno a trovarla, quando suonano il campanello, si verifica una potentissima esplosione, essendo stato lasciato il gas acceso. La ragazza viene trovata con le vene tagliate, ma ancora viva, ed in ospedale viene accusata di omicidio da Mannino, ma la ragazza nega. Intanto, Solmi scopre che Chiarotti faceva anche, e soprattutto, l’ investigatore privato. Giuliana, ancora in ospedale, racconta la sua versione dei fatti a Solmi: Chiarotti doveva consegnare delle registrazioni ad un misterioso individuo, dietro lauta ricompensa, ed era stato fatto fuori proprio da questo e la ragazza, essendo stata riconosciuta, aveva subìto quell’ attentato di cui prima. Nella villa di Chiarotti, posta sotto sequestro, entra una persona che poi si spaccerà come agente dell’ Ufficio Speciale Informazioni, praticamente i Servizi Segreti, tale Remo Ortolani che verrà “ presentato “ al Capitano Mario Sperlì, nel cui ruolo troviamo un ambiguo Tomas Milian che, però, non riconosce quell’ uomo che risulta essere solo un informatore occasionale. Sperlì vuole ascoltare il nastro in cui Stocchi si tira indietro dall’ operazione ma, “ casualmente “, quel nastro, dove si sentiva anche la voce di un certo Avvocato Rienzi, è stato cancellato. Parlando con Maria, viene fuori il nome di Martinetti, un pezzo grosso, colui che sarebbe stato il finanziatore degli “ attentati neri “. I coniugi Martinetti vengono interrogati da Solmi, ma a parte il fatto che Chiarotti fosse solo uno stupido ricattatore, altro non viene fuori. Intanto, Giuliana viene rapita in ospedale da due uomini di Martinetti, con i poliziotti di guardia che vengono uccisi. Ortolani, intanto, tenta la fuga, ma viene ripreso in aeroporto da Solmi che, in macchina con Caprara e De Luca, vuole portarlo in commissariato per farlo parlare ma i quattro vengono fermati da un falso agente della stradale che uccide Ortolani e tenta di far fuori anche Solmi, senza riuscirvi. Scatta il solito spettacolare inseguimento, ma i tre agenti vengono fatti cappottare con la loro macchina, senza, fortunatamente, conseguenze. Intanto, Giuliana è ostaggio dei sue rapitori, Massù, colui che ha ucciso Chiarotti, ed un suo complice. I due cercano di convincerla a confessare l’ omicidio di Chiarotti, promettendole, dopo quattro anni di carcere, di farle trovare cento milioni in un conto in Svizzera. La ragazza seduce il complice di Massù, gli spara e, dopo aver creduto di averlo ucciso, scappa, ma viene ritrovata dai due e strangolata; intanto, però, la ragazza era riuscita a fare il nome proprio di Massù a Solmi, in un telefonata in cui lo pregava di venirla a salvare. Scatta la caccia all’ uomo e Massù viene preso in una palestra, non dopo, comunque, aver ucciso un poliziotto. Sottoposto ad un duro interrogatorio, Massù inizialmente confessa di essere alle dipendenze di Martinetti e di aver ucciso Chiarotti perché non voleva restituire i nastri che provavano l’implicazione di Martinetti nel golpe, salvo poi ritrattare tutto perché la confessione gli era stata estorta con la violenza. Viene predisposto un incontro fra Martinetti e Massù ma, durante una rivolta in carcere, Massù viene spinto giù dal tetto del carcere e muore. Dai filmati in possesso non risulta che l’uomo che spinge Massù sia un altro carcerato o una guardia. Chi è, allora, il misterioso uomo? Altri non è che il finto vigile che aveva ucciso Ortolani, tale Frank Smith. Martinetti, intanto, è andato in Svizzera, a detta del suo Avvocato per accertamenti clinici. Una bomba piazzata nella macchina di Solmi uccide De Luca, che stava prendendo la macchina del Commissario per fare accertamenti su un furto. Solmi, così, si ritrova sempre più coinvolto. A Maria, in redazione, arrivano foto dalla Germania dove si vedono insieme Stocchi e Frank Smith, le foto vengono portate a Sperlì che riconosce in Frank Smith uno degli uomini delle foto. I due vanno a rintracciarlo in un albergo di Roma, Smith scappa e viene ucciso da Sperlì mentre, sembra, stava per sparare a Solmi. Non bastava ferirlo? Evidentemente sapeva qualcosa che Solmi non doveva sapere. Nella valigia di Smith vengono ritrovati importanti documenti con il nome dell’ Avvocato Rienzi come “ Ministro della guerra “, una lista del “ Governo di salute pubblica “ ed altri fogli che provano la telefonata fra Stocchi e Rienzi.
Scene finali: viene rintracciato un campo di addestramento militare in cui le “ reclute “ venivano addestrate per portare a termine il golpe. Vistisi scoperti, tentano di bruciare tutti i documenti. E’ una mattanza: un elicottero della polizia viene mandato a sbattere sulle montagne, mentre dopo un lunghissimo conflitto a fuoco, i cattivi vengono tutti fatti fuori, tranne uno che, dopo un inseguimento e dopo essere stato ferito, altri non risulta essere che Sperlì o Avvocato Rienzi, che era a capo dell’ organizzazione. In un fitto dialogo sulla strada del ritorno, i due si scambiano opinioni contrastanti su cosa sia la giustizia. Portato a testimoniare al carcere giudiziario, Sperlì riceve una pistola dal Vice Comissario Caprara, che gli spiega il piano per la sua evasione ed augurandogli buona fortuna, ma il piano fallisce e Sperlì viene ucciso proprio da Caprara insieme agli agenti di scorta. Stessa sorte toccherà poco dopo a Solmi alla cui morte, con quattro revolverate, assisterà impotente Maria, mentre Mannino, poco prima dei titoli di coda, si avvia al carcere giudiziario, in attesa di qualcuno che non verrà. Perchè Caprara perché ha fatto questo? C’ era, forse, Martinetti dietro tutto ciò?
In definitiva: film di ottimo livello, con recitazioni al di sopra della media dei poliziotteschi del periodo e soprattutto con molti enigmi irrisolti in un’ Italia, quella degli anni ’70 che, probabilmente, stava attraversando il suo periodo più buio dopo la guerra.
Stefano Steve Bertini