Fernando Di Leo, il controverso regista di “ Avere 20 anni “, è il buon regista di questo buon poliziottesco con Luc Merenda, Vittorio Caprioli, Valentina Cortese e James Mason, anno di uscita 1975, con le musiche di Luis Bacalov, musiche bellissime ma già sentite per il novanta per cento in “ Milano Calibro 9 “, sempre di Fernando Di Leo, con il restante dieci per cento, comunque, molto scorrevoli. Il titolo di questa pellicola è “ La città sconvolta: caccia spietata ai rapitori “. Questo film può essere diviso in due parti: la prima di attesa e speranza, la seconda di spietata e crudele vendetta.
Cosa accomuna Mario Colella e l’ Ingegner Filippini, interpretati da Luc Merenda e James Mason? Non certo la classe sociale, bensì l’ avere un figlio, tutto per il primo, essendo rimasto vedovo, quasi un impiccio il secondo, impegnato in affari non del tutto puliti. Una scena molto dolce si ha all’ inizio del film quando Colella, di professione meccanico, chiede al figlio se abbia studiato e lui, forse non sentendo quello che gli chiede il padre, saluta la mamma dandole un bacio su una foto in cornice. Fabrizio ed Antonio si trovano davanti a scuola e, quando stanno per entrare, vengono entrambi rapiti, anche se l’ obiettivo era il solo Antonio, ma Fabrizio interviene in difesa dell’ amico. I rapitori, che lavorano per qualcuno che sta molto in alto, chiedono dieci miliardi di riscatto, ma Filippini non ci sta, ritenendo la cifra troppo alta con la moglie Grazia, Valentina Cortese l’ attrice che la interpreta , che lo accusa di pensare sempre e solo ai suoi affari e Colella che non si capacita del perché un cinico Ingegnere non sia disposto a pagare quella cifra; lui venderebbe tutto quello che ha, ma Filippini, ignobilmente, gli dice che per lui è facile parlare così visto che non ha niente. In mezzo a tutto questo si inserisce il Commissario Magrini, nella cui parte troviamo Vittorio Caprioli, inizialmente in un ruolo un po’ troppo macchiettistico, ma che poi sveste questi panni per indossare quelli più congeniali di tutore della legge. Essendoci problemi nel pagamento del riscatto, arriva dall’ alto l’ ordine di uccidere Fabrizio. I tre rapitori sono spiazzati, ma uno spietato killer, Pardi il suo nome, Marino Masè l’ attore, esplode un colpo di pistola verso il bambino. In Commissariato arriva, così, una telefonata che avvisa che uno dei bambini è stato ucciso, ma ancora non si sa chi. Nel riconoscimento all’ obitorio, si scopre che si tratta di Fabrizio ed il padre piange lacrime amare sul corpo ormai senza vita del figlio, con Filippini che tenta, blandamente, di consolarlo, ma Colella non ci sta ed, anzi, accusa l’ Ingegnere di essere lui il responsabile principale della morte del figlio, non avendo voluto pagare la cifra richiesta. E qui, un freddo e fintamente dispiaciuto Filippini esce dall’ obitorio, indossando sempre i suoi immancabili occhiali da sole. In una brevissima sequenza si vede a tavola Antonio domandare ai genitori come mai Fabrizio sia stato ammazzato, con i genitori che non sanno dare una risposta. A questo punto, Mario Colella vuole la sua vendetta e si mette alla caccia dei rapitori e di chi stava sopra di loro e scoprirà, come prima cosa, che Lina, la Segretaria dell’ Ingegner Filippini, aveva fatto da intermediaria con i rapitori, ma la donna non ha idea di chi ci sia al vertice disprezzando, anzi, l’ Ingegnere per tutte le attività illecite a cui era stata costretta per coprire i suoi loschi affari. Colella finge di essere un bieco affarista senza scrupoli impossessandosi del riscatto e di interessarsi solo al denaro, volendo la parte del riscatto per entrare nella Società che ha ordinato la morte del figlio. Nel frattempo, Colella aveva fatto fuori due dei tre rapitori, dopo uno spettacolare inseguimento fra le mura di un piccolo paesino, in tipico stile poliziottesco, in un capannone in campagna, luogo dove i bambini erano stati tenuti prigionieri.
E siamo alle scene finali: Colella, tramite Pardi, riesce a farsi dare un appuntamento a Milano presso l’ Istituto Finanziario “ La Falange “, colei che ha organizzato il tutto, dal rapimento di Antonio all’ uccisione di Fabrizio e davanti alla sede trova anche Lina che lo accompagna all’ interno dove, ad aspettarlo, trova i “ capi “ i quali lo trattano con una certa superficialità chiedendogli più di una volta se abbia capito e, soprattutto, se abbia con sé i soldi necessari per entrare a far parte della Società. Colella risponde di averli bruciati, uno dei capi si alza adirato e, qui, amanti delle scene pulp, questa sequenza è tutta per voi: Colella tira fuori un mitra e non risparmia nessuno, compiendo una vera e propria carneficina. In questa sparatoria, perde la vita anche Lina. All’ uscita, senza che nessuno opponga resistenza, ad attenderlo c’ è Pardi il quale gli spara mancandolo. Pardi fugge a piedi, Colella lo insegue in moto fino ad un lunapark dove avviene, oppure no, la resa dei conti? Guardate il finale e lo scoprirete.
Una pellicola interessante, di sentimento la prima parte, di tipico poliziottesco la seconda da parte di un regista che ha fatto delle scene forti il suo marchio di fabbrica, guardate Avere vent’ anni, e vedrete che non ho tutti i torti. Luc Merenda è più che credibile nel ruolo del padre prima disperato e poi giustiziere, James Mason non lo scopriamo oggi, anche in questo ruolo così cinico è molto a suo agio, Valentina Cortese è una più che eccellente interprete nel ruolo della madre nevrotica, confusa e disperata, mentre Vittorio Caprioli, che non aveva certo il phisique du role per interpretare il ruolo di un Commissario atletico e sprezzante del pericolo, è un bel mix di ironia ed umanità. Ultima nota: è molto curioso il fatto che Luc Merenda, nei primi dialoghi sia doppiato con accento romanesco, mentre nel resto del film la sua voce venga doppiata, incomprensibilmente, in dialetto nordico, direi lombardo, unica nota stonata di un film di buon livello.