Umberto Lenzi è stato uno dei principali artefici del filone poliziottesco ed Umberto Lenzi è il regista dell’ anomala ma gradevole pellicola che oggi leggerete. Perché anomala? Perché, al contrario di molte altre pellicole di genere, in questo caso non abbiamo il poliziotto giustiziere, ma un ex bandito, ravveduto, che diventa lui stesso, giocoforza, giustiziere. Il protagonista è un davvero eccellente Tomas Milian, qui nella parte del “ buono “ di turno, che con la sua interpretazione cancella i pur bravi altri attori, fra cui vi ricordo un comunque notevole Joseph Cotten, nel ruolo di Don Paternò, un’ icona sexy degli anni ’70 quale Femi Benussi, che interpreta Flora, ed uno dei volti “ cattivi “ per eccellenza del cinema italiano quale Luciano Catenacci, nel ruolo dell’ industriale Conti, ma in realtà boss rivale di Don Ciccio Paternò. Quale è il ruolo di Tomas Milian? E’ quello di Rambo, giustiziere solitario, che torna a Milano dopo tanti anni a ritrovare un po’ di amici ed un po’ di nemici e che alla fine cosa farà? Leggetemi e lo scoprirete. Le musiche, gradevoli come il film ma non eccessivamente coinvolgenti, sono di Franco Micalizzi.
Un uomo in moto, una rombante Kawasaki 900, coperto da berretto, fazzoletto ed occhialini da motociclista, fa ritorno, dopo anni, a Milano e va a trovare il suo vecchio amico Pino Scalia, la moglie Maria ed il figlio Luigino. Pino propone a Rambo di entrare a far parte di un corpo speciale di Polizia, volto a sconfiggere la delinquenza sempre più dilagante, ma Rambo rifiuta pur andando a vedere la scuola di addestramento dove Pino ed i suoi colleghi si allenano. Nel frattempo, viene rapito Gianpiero Marsili, figlio dell’ Ingegner Marco Marsili, qui interpretato, in una parte minore, da Silvano Tranquilli. Seguendo varie piste, Scalia riesce a scoprire i mandanti, telefona a Rambo e gli dà appuntamento di lì ad un’ ora per spiegargli cosa aveva scoperto, ma a quell’ appuntamento non arriverà mai, in quanto viene crudelmente ucciso da degli scagnozzi di Conte, il mandante del rapimento. A questo punto, Rambo decide di indagare, ma per conto suo, e tramite varie conoscenze arriva all’ assassino di Scalia, tale Philip Duval al quale, dopo avergli estorto con metodi non propriamente ortodossi informazioni sul rapimento del bambino, spara, uccidendolo, dopo che questi, a sua volta, aveva tentato di farlo fuori. Nel frattempo, l’ Ingegner Marsili, temendo per la vita del figlio, decide di pagare il riscatto, prima di due miliardi, poi di due miliardi e mezzo. Rambo cerca consiglio da un suo vecchio nemico, Don Paternò, con il quale aveva un conto in sospeso dai tempi di un loro scontro ad Amburgo, Don Ciccio che, in ogni caso, mostra rispetto nei suoi confronti, pur il figlio Ciccio non approvando ed, anzi, consigliandogli di sbarazzarsene. Rambo arriva, poi, a scoprire dove viene tenuto prigioniero Gianpiero, in uno stanzino di una fabbrica di Conti, presso il quale si reca fingendo di volergli accordare la sua protezione. Nel frattempo, travestiti da finanzieri, arrivano gli scagnozzi di Paternò ed è una mattanza reciproca. Rambo cerca di approfittare della confusione per liberare il bambino, ma Conti se ne accorge ed il nostro “ giustiziere “ è costretto a desistere dall’ intento. Conti e Paternò, però, si alleano per uccidere Rambo, ormai diventato un pericolo per le loro operazioni. Maria telefona a Rambo, preoccupata perché Luigino non è tornato a casa, Rambo si reca da Maria, ma è una trappola e viene ucciso da alcuni sgherri …. ma anche Rambo aveva preso le sue precauzioni, avendo indossato il nostro eroe un giubbetto antiproiettile. Nel frattempo, in modo spietato, viene uccisa Flora, a suo tempo, probabilmente, donna di Rambo, in quanto non vuole dire dove sia nascosto il suo protetto. Rambo medita vendetta, raggiunge Conti mentre questi è ad un incontro amoroso e, minacciandolo di fargli esplodere la testa se non gli dirà dove si trova il bambino, va a liberare il piccolo Gianpiero, dopo averlo ammanettato alla catena del water insieme alla sua bella.
Scene finali: Conti è costretto a far rilasciare il bambino nella campagna milanese, prima di essere liberato dai suoi uomini. Rambo lo libera ma, essendo inseguito dagli scagnozzi di Don Paternò e da Conti con i suoi uomini, si rifugia in un casolare. Tensione molto alta, con Rambo che concorda con Gianpiero una strategia per sconfiggere i banditi: gli dice di contare fino a settanta e poi di sparare in aria un razzo luminoso grazie al quale Rambo uccide quattro malviventi, fra i quali Conti. Nel frattempo, però, Ciccio Paternò ha preso il bambino e fugge verso la sua villa, ma in un conflitto a fuoco resta ucciso da Rambo, il quale poi entra nella villa ed ha un breve colloquio con Don Paternò, al quale suggerisce, per stare sicuro, di andarsene a Marsiglia. Don Paternò, da tempo cieco, con Rambo che se ne era accorto fin dal loro primo incontro, gli chiede perché lui faccia ciò e Rambo gli risponde che lo fa perché “ lui è un uomo “ ma, come gli volta le spalle, Don Paternò si spara un colpo alla tempia. Rambo, a questo punto, dopo aver riportato Gianpiero a casa con la promessa di non far sapere che è stato lui a liberarlo, torna da Maria e da Luigino al quale regala una moto un po’ più piccola della sua e, come era arrivato con Kawasaki 900, berretto, fazzoletto ed occhialini da motociclista, così se ne va.
Un Tomas Milian insolitamente buono nel ruolo di un giustiziere sì spietato ma dall’ animo giusto, con l’ anima sempre in pena, trova, forse, giustizia, dopo aver compiuto la sua missione. L’ attore cubano è l’ assoluto protagonista di questo film senza momenti di pausa, con alcuni momenti da film di genere, altri per cuori buoni ed altri, seppur rarissimi, precursori del Monnezza. Forse, il finale risulta essere un po’ scontato, ma, a differenza di altri finali che ti lasciavano con l’ amaro in bocca, questo non risulta essere tale.