Eccoci al resoconto del terzo giorno del Mix 2017. Gli incontri del pomeriggio, nel cortile di Sant’Agostino, si sono aperti con un dialogo tra Alessandra Tedesco e la filosofa e deputata Michela Marzano. Al centro della discussione, la presentazione del volume L’amore che mi resta (Einaudi, 2017), la storia di una madre (Daria) che reagisce al lutto per il suicidio della figlia adottiva (Giada).
Questo “romanzo di attraversamento del dolore”, nelle parole della presentatrice, ha come motivo principale l’idea secondo cui le emozioni “devono avere il tempo di accomodarsi”. L’autrice rivela di aver affrontato questo tema anche nei suoi saggi precedenti, e soprattutto nel suo volume autobiografico Volevo essere una farfalla (2011), dedicato al suo tentativo (fallito) di suicidio, legato alla drammatica esperienza dell’anoressia. In quanto uomini, viviamo sempre un’esistenza incompleta e siamo tormentati da ciò che non siamo e non abbiamo.
Come Giada, cerchiamo sempre il pezzo mancante del puzzle della nostra vita. Il libro racconta il percorso che segue Daria per capire che l’amore “non ripara ma accetta, non basta mai ma soccorre”. Il dolore non può essere eliminato, ma solo soppesato in modo diverso. Quello che ci manca, in particolare, sono le parole per descrivere il nostro dolore. Parlare, trovare il modo di raccontare l’abisso, è l’unico strumento di salvezza.
Biagio Goldstein Bolocan, protagonista dell’evento delle 18.00, è invece l’autore de Il traduttore, volume di Feltrinelli che romanza la di per sé già romanzesca storia della pubblicazione del Dottor Zivago di Pasternak nel 1956. Com’è noto, il volume fu pubblicato in anteprima mondiale in Italia da Giangiacomo Feltrinelli in Italia, ottenendo un consenso internazionale; in patria l’autore era invece perseguitato dal governo sovietico. Nel romanzo, il traduttore del manoscritto russo viene misteriosamente ucciso in una Milano immersa nella nebbia, scatenando i dubbi sui mandanti dell’omicidio: saranno stati i russi? O dietro il delitto si nasconde qualcos’altro?
Indaga sulla vicenda un questurino di fede comunista, Ofelio Guerini, che ha il compito di recuperare le bozze della traduzione. A ben vedere, il 1956 fu uno snodo fondamentale per la storia del mondo comunista, il vero contesto in cui si muovono le vicende del romanzo, ben sintetizzato dal presentatore, Fausto Bertinotti: mentre Nikita Krusciov svelava i crimini stalinisti al XX Congresso del PCUS, i carriarmati del Patto di Varsavia entravano in Ungheria.
Perché un noir? Questo genere, che ha un enorme successo in questi anni, è secondo Bertinotti la migliore risposta alle paranoie complottiste: alla fine, in genere, si trova l’assassino, mentre oggi, in assenza di risposte ideologiche alle grandi domande, ci si rifugia nelle risposte facili offerte dalla logica del complotto.
Erano quasi le 20, quando sono apparsi sul palchetto del chiostro di Sant’Agostino Giorgio Battistelli (direttore artistico dell’Orchestra Regionale Toscana) e Nicola Piovani, per parlare del suo libro La musica è pericolosa (Rizzoli, 2014) e del suo concerto di sabato sera al Mix.
Piovani aveva evitato per anni di rispondere alla richiesta di pubblicare un libro: non voleva fare come gli altri personaggi famosi, che in genere si affidano a un ghostwriter, cioè uno scrittore che lavora al loro posto, e aveva paura di non risultare credibile o interessante raccontando le proprie vicende private.
Il mantra che ha tormentato Piovani durante la scrittura del libro,
per sua stessa ammissione (da I soliti ignoti di Mario Monicelli)
Il titolo del libro è una frase di Federico Fellini, con cui Piovani ha collaborato: una persona sensibile si può commuovere molto facilmente a causa della musica, che è pericolosa “come è pericoloso avvicinarsi alle cose belle”. La musica, secondo Piovani, non è di per sé bella o brutta, perché la differenza vera la fa l’ascolto: ascoltare musica altissima, come quella di Wagner, in un supermercato, è avvilente, mentre ascoltare con attenzione e cura le canzonette può rivelarsi un’operazione di altissima raffinatezza. La musica di flusso, quella che spunta fuori nei ristoranti, nei negozi, perfino per strada, è un malcostume, un fastidio più che un pericolo.
Avendo scritto la colonna sonora di 180 film, Piovani si è trovato spesso a comporre in condizioni proibitive, come in treno o in aereo. In genere, ritiene che la musica non abbia di per sé la capacità di narrare, se non è accostata alle parole. Non ricava grande ispirazione dell’osservazione delle bellezze naturali, perché le ritiene così perfette che non è necessario aggiungervi nulla.
In un’epoca come la nostra, in cui possiamo accedere a tutte le musiche di tutti i tempi, i compositori devono raccontare la contemporaneità. L’ascoltatore, piuttosto, deve evitare la tentazione dell’ascolto atomizzato, dedicandosi solo alle minuzie e perdendo l’importanza dell’unità delle composizioni.
Tra i registi con cui Piovani ha collaborato, sono stati ricordati in particolare i fratelli Taviani (una suite sui loro film aprirà il concerto di sabato sera), Fellini (che faceva sentire ogni collaboratore un “numero uno”, annullando ogni ansia) e Mario Monicelli. Dopo anni in cui aveva lavorato solo sui film d’autore, il regista toscano lo chiamò per lavorare al Marchese del grillo, nonostante la diffidenza della produzione e di Alberto Sordi. Al successo del film (e della sua colonna sonora), fu proprio Monicelli a complimentarsi con Piovani dicendogli: “hai visto che ti sei levato di dosso questa fama che avevi di musicista mortaccino?”.
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Il concerto della sera ha attirato certamente più pubblico della sera prima. Facile, direte voi: c’era Max Weinberg. In effetti c’era, ma non tutta la sera: la prima parte dell’evento era un lungo set acustico di Jill Hennessy, attrice canadese (avete mai visto Crossing Jordan?) molto brava anche nel canto. Il momento clou della sua sezione è stata l’ultima canzone, una splendida No surrender di Springsteen, dedicata “all’amico Massimo” (Max, ovviamente).
È stato poi il turno di Marina Rei, che ha cantato tre pezzi (uno mentre suonava la batteria). Mentre il pubblico ancora si chiedeva quando sarebbe arrivato Weinberg, è apparsa sul palco la Siena Jazz University, che ha proposto una serie di standard jazz arrangiati per big band. Weinberg li ha raggiunti di lì a poco, proseguendo sempre sul territorio del jazz, che abbiamo imparato essergli particolarmente congeniale. In un paio di brani è tornata a cantare Jill Hennessy, incantando la piazza con il suo timbro cristallino.
Tutto sommato, il pubblico non è stato deluso, perché è stata una serata di buona musica. Forse è stato poco chiaro il succedersi dei momenti, con generi slegati fra loro (folk-pop italiano-jazz) e l’assenza di un filo conduttore.
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Il programma di oggi
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Ore 11.00 Centro Storico: Secret Pieces | Libere azioni nella Città di Cortona (danza);
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Ore 11.30 Loggia del Teatro Signorelli: Milano-Trieste, sms e ritorno, con Federica Manzon e Alessandra Tedesco (presentazione del libro La nostalgia degli altri);
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Ore 15.00 Teatro Signorelli: proiezione del film Per un figlio di Suranga Deshapriya Katugampala;
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Dalle 15.30 Centro Storico: concerto della marching band Badabimbumband;
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Ore 17.30 Centro Sant’Agostino: L’insostenibile richiamo della verità, con Caterina Soffici e Wlodek Goldkorn (presentazione del libro Nessuno può fermarmi);
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Ore 19.00 Centro Sant’Agostino: Siamo turisti o viaggiatori?, con Marco d’Eramo, Victoria de Grazia e Roberta Scorranese (presentazione del libro Il selfie del mondo);
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Ore 19.00 Piazza Garibaldi: Secret Pieces | Libere azioni nella Città di Cortona (danza);
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Ore 21.30 Piazza Signorelli: Piovani dirige Piovani (Orchestra della Toscana diretta da Nicola Piovani) [evento a pagamento];
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Ore 22.30 Piazza Garibaldi: Secret Pieces | Libere azioni nella Città di Cortona (danza);
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Ore 23.30 Teatro Signorelli: replica del film Per un figlio di Suranga Deshapriya Katugampala.