Si è appena conclusa, nella splendida cornice della Ericsson Globe Arena di Stoccolma, la prima delle due semifinali dell’Eurovision Song Contest 2016. Come al solito ottima l’organizzazione scandinava, ormai rodata anche grazie alle sei volte che la Svezia ha avuto l’onore di ospitare la rassegna musicale, contando sei vittorie dal 1974 (la prima volta con gli Abba) ad oggi.
Verdetti inappellabili per le 18 nazioni in gara nella prima serata:
I dieci che vanno avanti, in rigoroso ordine alfabetico sono: Armenia, Austria, Azerbaijan, Cipro, Croazia, Malta, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Russia, Ungheria
Gli otto che dovranno salutare la Svezia sono: Bosnia-Erzegovina, Estonia, Finlandia, Grecia, Islanda, Moldavia, Montenegro, San Marino
Nessun problema per il russo Lazarev, che gli scommettitori locali indicano come favorito, mentre dispiace che la delegazione della Repubblica di San Marino non potrà proseguire l’avventura. Tra i piccoli avanti Malta che di solito risulta molto generosa nella votazioni verso gli artisti italiani.
Infatti nella finale di sabato conteranno come al solito i buoni rapporti tra i paesi, il peso degli immigrati in ogni nazione e ovviamente la qualità musicale dell’artista in gara. L’Italia, finalista di diritto assieme a Svezia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna, presenterà l’artista seconda classificata dello scorso San Remo, la ventenne Francesca Michielin con il brano “Nessun grado di separazione” che nell’occasione è mutato in “No Degree of Separation” oltre che essere accorciata di qualche secondo per rientrare nel limite di tre minuti imposto dall’organizzazione.
Non ci hanno molto entusiasmato le canzoni in gara questa sera, tra quelle ascoltate meritano una speciale menzione dal punto di vista scenografico la Croazia, con l’imponente abito a strati in tessuto tecnico/tenda da doccia di Nina Kraljić, che ha cantato “Lighthouse”; il collettivo bosniaco Dalal & Deen feat. Ana Rucner and Jalache, che ha scelto coraggiosamente di inserire nella coreografia per la loro “Ljubav Je” le tipiche coperte termiche dei profughi e persino una barriera di filo spinato al centro del palco, lanciando un provocante messaggio sociale, ma soprattutto la Russia, con un impressionante spettacolo di proiezioni tridimensionali a fare da sfondo all’esibizione del favorito Sergey Lazarev con “You are the Only One”. Dal punto di vista strettamente musicale, da segnalare l’interessante country-folk anni ’60 dell’olandese Douwe Bob con “Slow Down” e il “Turco Sanmarinese” Serhat, che con la sua intensa interpretazione ci ricorda molto da vicino il Leonard Cohen del periodo “I’m Your Man”. Infine notiamo come stasera in pochi abbiano inserito elementi musicali folcloristici del proprio paese di origine o parti cantati in lingua madre nelle canzoni in gara; tra questi da ricordare gli Argo per la Grecia, l’armena Iveta Mukuchyan e ancora la Bosnia.