Da nostalgico dei bei tempi andati, quando la politica era una cosa seria, mi illudo in queste ore che qualcuno laggiù a Montecitorio o al Quirinale abbia capito come si salva ‘sto paese, o perlomeno come lo si rimette su binari vecchi, ma meno pericolosi di quelli in cui qualcuno ha tentato di infilarlo in questi anni. Perciò all’indignazione per il governo “Ranx Xerox” (nel campo fotocopie preferisco la minoritaria Fotorex – U Bix) io mento col sorriso (cit. Jovanotti). Perchè mi illudo che qualcuno stia lavorando davvero per me e per la mia anima nostalgica.
Qualche elemento per sognare, comunque, ce l’ho.
Provate a seguire il mio ragionamento:
1) La “terza Repubblica“, quella del post-bipolarismo, si fonda tre novità politiche: Renzi, i 5 Stelle e Salvini. I loro 3 partiti catalizzano circa il 75% dei voti, ma non possono governare insieme. Quindi, per far trionfare la logica della terza Repubblica (quella dei grandi pseudo-leader, della politica che parla come l’antipolitica, della velocità d’azione, della non tolleranza per le opposizioni, del Sì e del No, del pro e del contro, del bèrcio continuo ecc. ecc.) ci vuole che chi fra questi 3 arriva primo, anche se solo con il 35 o 40% dei voti ma con un voto in più degli altri, possa governare senza troppe rotture di scatole.
2) Non funzionando il “Porcellum” si è tentato di arrivare a questo risultato con l’Italicum.
3) Se però sparisce l’Italicum (ce lo dirà a breve la Corte Costituzionale) ci si ritrova con un sistema elettorale proporzionale puro, alla Camera e al Senato. Ergo: la base della “Terza Repubblica“, cioè la presenza di un sistema elettorale che premia solo il primo e genera tutto il resto (mitologie del leader, contrapposizioni frontali, votare solo chi può vincere scegliendo il meno peggio ecc. ecc.), viene meno. E con esso i presupposti per la sua esistenza.
Se qualcuno un po’ scaltro condividesse il mio giudizio negativo sulle logiche fondanti della “Terza Repubblica” potrebbe vedere la grande occasione che si para davanti adesso. Una grande occasione per chiudere la parentesi, tornando alle modalità politiche pre-1992, quando c’era il proporzionale e la politica era ancora politica.
Ai tempi del “proporzionale puro” non c’erano mega-leader, nè un partito di maggioranza assoluta. C’era un partito di maggioranza relativa (la DC) con vari esponenti di spicco, più altri soggetti “satelliti” in qualche modo alleati, con pesi variabili (PSI, PRI, PLI, PSDI). La DC era il fulcro di tutto, ma governava con gli alleati fra i quali uno (il PSI) piano piano aveva acquisito una forza sempre maggiore. Poi c’erano due forze di opposizione (PCI e MSI) che rappresentavano almeno il 35% degli italiani, ma restavano fuori dalle stanze di comando.
E allora se c’è qualcuno intelligente, farà queste considerazioni e capirà in quale modo spegnere la Terza Repubblica e i suoi 3 protagonisti:
– Salvini dà voce a una cultura di estrema destra che mai è stata e probabilmente mai potrà essere maggioranza nel paese. Ultimamente assomiglia sempre più a un disco rotto (dice sempre le stesse cose), ha il limite di non riuscire a sfondare al Sud e oggettivamente non può conquistare più del 20% dei consensi. Il suo ruolo con un proporzionale puro, quindi, potrà solo essere quello di un nuovo MSI, sempre tagliato fuori da tutti i governi.
– I 5 Stelle, se ci fosse il proporzionale puro, potrebbero fare la fine del PCI nella prima Repubblica. Se arrivassero anche al 35%, come il PCI seppe fare, permarrebbe nei loro confronti (sia per le regole che si sono dati, sia per volontà di tutte le altre forze politiche) la stessa conventio ad excludendum che ci fu per i comunisti. Un isolamento che alla lunga ne bloccò l’avanzata. L’entusiasmo nel votare i comunisti toccò infatti l’apice quando ci fu una qualche prospettiva di entrare nel Governo (la fase del compromesso storico, 1975/76) e poi calò, perchè è difficile votare un partito che si sa che starà all’opposizione e stop.
– Renzi, che rischia un’ulteriore scoppola col referendum sul Jobs Act, in caso di legge tipo – Italicum rischierebbe di perdere contro i 5 Stelle (pericolo da scongiurare a tutti i costi, perchè sarebbe il trionfo totale della Terza Repubblica e dell’autolesionismo del PD), mentre in caso di proporzionale semplicemente non servirebbe più. Perchè in un parlamento privo di un partito con la maggioranza assoluta non c’è più bisogno degli atteggiamenti da leader e di tizi che vogliono fare quel che gli pare senza discutere tanto, ma serve al contrario qualcuno capace e cucire rapporti e trovare maggioranze fondate su continui compromessi. Di colpo il fenomeno di Rignano diventerebbe inutile e pure fuori dal tempo, figura simbolo di un’epoca politica passata.
Il PD potrebbe diventare così una nuova DC, il baricentro della politica italiana, il partito senza il quale non si può mai governare, che detta la linea ed elabora compromessi variabili con soggetti altrettanto variabili per forma e dimensioni (i partiti alla sua sinistra e quelli alla sua destra).
Nessuna fretta quindi. Nessuna nuova legge elettorale (ma quale???), nè tantomeno nuove elezioni. Si arrivi in fondo, fino al 2018, e poi si voti col proporzionale puro.
Perchè fa comodo a tutti. All’Italia, che ritroverà la sua stabilità in governi forse deboli, ma condotti sulla via del buon senso dalla loro stessa entità “di compromesso”, alla politica che tornerà a riscoprire le sfumature e agli italiani che finalmente potranno tornare a votare chi preferiscono, senza ragionare su chi vince e chi perde, sul voto utile, sul turarsi il naso, sul meno peggio, sui grandi leader e su tutte scemate che non sono mai appartenute alla nostra cultura nazionale.
Fa comodo a tutti… meno che a Renzi, i 5 Stelle e Salvini. Questo è ovvio.
Ma senza di loro staremmo poi così male?