Che Natale povero di idee, quest’anno. Il tema del momento, su cui vedo personaggi scannarsi da giorni, è sentenziare se nei nostri centri storici ci sia gente o no, se ci sono turisti o se non ci sono, se ce ne sono più dell’anno scorso o meno. La vulgata che ne discende è la seguente: c’è gente, allora andiamo bene e sono bravi gli amministratori e, al contrario non c’è gente, allora il Comune ha fallito, non son capaci, se ne devono andare. A parte la parzialità del tema, che in fin dei conti riguarda un aspetto singolo della vita di una comunità, importante ma come parecchi altri (perchè non discutiamo dell’aumento ulteriore del tasso di disoccupazione???), a stupirmi in negativo è l’inconsistenza e la superficialità della discussione.
Perchè?
Perchè è dominata da miti di terz’ordine, poco più che sotto-ideologie, scarti di un pensiero già nato debole, privi di dimostrazione reale, ma che vengono ormai considerati, per uno strano meccanismo auto-lesionistico generale, legge.
Il primo mito è che il valore di chi amministra un Comune sia direttamente proporzionale al numero di persone che frequentano la città o il paese da lui ‘guidato’. Ci vuole poco a capire, in realtà, che cio è il risultato di processi estremamente più complessi in cui il ruolo di un’amministrazione comunale è una parte molto piccola. La popolarità e l’attrattiva di un luogo dipendono da tante cose, molte delle quali sfuggono al controllo e probabilmente neanche gli esperti del settore (quelli veri, non quelli che si improvvisano e autoeleggono tali) sono in grado di spiegare fino in fondo.
Il secondo mito è che se c’è gente allora ci sono soldi. Non è in realtà dimostrato in nessun modo che un aumento di presenze in città significhi automaticamente un aumento di ricchezza per la città stessa. Bisogna infatti vedere la qualità di tali presenze. Spesso si tratta di ‘mordi e fuggi‘, di persone che riempiono il paese con il loro semplice ingombro fisico, ma se ne vanno alla svelta e non riversano un centesimo nell’economia commerciale la quale, comunque, è una parte del tutto di una comunità e non certo la sua totalità. Non è quindi detto che un mercatino, che se ben congegnato certo porta gente, significhi automaticamente soldi in cassa agli indigeni
Il terzo mito discende dal secondo, ed è quello secondo cui sia dovere di un amministratore alimentare l’economia cittadina ‘portando gente’ e quindi ‘portando soldi’. In realtà un amministratore deve occuparsi di tanto altro e, come detto sopra, va valutato per tante altre cose, non solo per quanto riesce ad arricchire una parte (minoritaria) dei suoi concittadini
Sono questi tre falsi miti che alimentano il ridicolo (e auto-lesionistico) affannarsi nel postare foto di corsi vuoti e l’identico convulso tentativo di dimostrare il contrario, sempre a mezzo foto.
Da parte mia credo che il tempo e le energie vadano investite su altro e che, soprattutto, più della bellezza di un mercatino o di un addobbo natalizio conti la capacità di programmazione, l’avere idee, il pensare e realizzare grandi progetti molto più seri, utili e di crescita collettiva rispetto a quattro banchi carichi di cianfrusaglie e tutti i dozzinali annessi e connessi visti in questi giorni.
La vitalità di una città, peraltro, non si misura secondo me con quante persone si affollano lungo i corsi nelle domeniche pomeriggio di Natale, ma con ben altro: principalmente dall’esistenza di una vita sociale, di dinamiche che esprimono ricchezza mentale e civile. Una città viva è una città popolata da luoghi e persone vive, non da teatrini e pantomime vuote, ma tanto belline.
Su questo c’è tanto da lavorare e si rischia anzi, passando le giornate a discutere di stupidaggini, di dimenticarsene. Proprio per colpa dei tre falsi miti di cui sopra, il cui unico effetto è l’atrofizzazione dei cervelli, l’impoverimento delle menti e la riduzione di ogni discussione a pura, inutile, macchietta facebookiana